Dopo 75 anni di vita della professione – celebrati ieri a Roma con un convegno nell’aula magna dell’Università La Sapienza aperto da Cosimo Ferri, Sottosegretario di Stato del Ministero di Giustizia – gli attuari italiani si candidano per un ruolo sempre più importante nell’economia e nelle istituzioni del Paese, per fornire un apporto indipendente di esperienza, idee, progettualità, managerialità, governance: come professionisti della valutazione del rischio e della misurazione dell’incertezza, in un’epoca in cui la gestione dei rischi diventa decisiva per ogni attività economica e finanziaria, pubblica e privata, gli attuari offrono il loro contributo alla soluzione dei problemi di fondo del Paese, a cominciare da pensioni e sanità.

“L’approccio attuariale – ha sottolineato nel suo intervento il presidente del Consiglio Nazionale degli Attuari, Giampaolo Crenca – è un modo unico di percepire i rischi e affrontare l’incertezza con strumenti idonei di natura quantitativa, da rappresentare in modo trasparente e chiaro”.

Nel mondo gli attuari si stanno incamminando verso le 100 mila unità, 23 mila circa in Europa, ormai quasi mille in Italia. Nella classifica mondiale delle professioni più richieste, quella attuariale è da anni nelle posizioni di testa, molte volte la prima. Anche in Italia la domanda di attuari è molto alta, spesso superiore all’offerta: significa che chi sceglie questa professione ha una elevata probabilità di trovare subito un impiego, come dimostrano tutte le statistiche. Secondo le rilevazioni più recenti oggi gli attuari lavorano nelle assicurazioni (45%), nella previdenza e nei fondi sanitari (16%), esercitano la libera professione (13%), operano nel mondo finanziario (5%), hanno ruoli nelle Autorità di vigilanza (5%) e in diversi altri settori (16%). Nei prossimi anni si prevede che, ferma restando la forte presenza nelle assicurazioni (30%) e le posizioni nelle Authority (5%), cresceranno le opportunità di impiego nella previdenza e nei fondi sanitari (22%), nella libera professione (18%), nel mondo finanziario (10%) e soprattutto nelle imprese non finanziarie (8%), con il 7% di impieghi in altri settori.

Nel futuro della professione, disegnato dagli interventi al convegno per i 75 anni dell’Ordine, ci sono molteplici nuovi settori tra cui il risk management aziendale, nuove competenze finanziarie e assicurative nella sanità complementare, le valutazioni di solvibilità nelle attività commerciali, la misurazione dei rischi operativi e reputazionali, nuove responsabilità nelle banche e nelle società di gestione del risparmio, la gestione dei rischi legati alle catastrofi naturali e all’ambiente, il data quality, i big data, i rischi informatici, etc.

Per accompagnare l’evoluzione della professione l’Ordine degli Attuari sta portando avanti un importante quanto articolato progetto, inserito in un disegno più ampio da realizzare in Europa e nel mondo con un lavoro comune, che mette insieme le iniziative per lo sviluppo di nuovi spazi professionali, una filiera formativa, la comunicazione e la riorganizzazione interna operativa e di governance. L’obiettivo, ha affermato il presidente del Consiglio Nazionale degli Attuari Giampaolo Crenca, è “una professione sempre più formata, organizzata, visibile e proiettata su più vasti orizzonti professionali”.