di Paola Valentini
Il forte calo delle azioni di Piazza Affari fa sì che sul listino diversi titoli presentino oggi un dividend yield (rapporto tra dividendo unitario atteso per l’esercizio 2016 e prezzo attuale dell’azione) superiore al 6%, tre volte di più rispetto al rendimento del Btp decennale (che oggi viaggia attorno al 2%). E sono quasi 30 i titoli che rendono più del 5%, come emerge dall’analisi condotta da MF-Milano Finanza sulle stime di consenso degli analisti sui dividendi attesi relativi al 2016 delle società quotate italiane (dati FactSet). Un assaggio di quella che sarà la prossima stagione dei dividendi si è già avuto, dal momento che alcuni big quotati da qualche settimana hanno iniziato a distribuire un acconto sulla cedola dell’esercizio che si sta per chiudere. Peraltro sempre più aziende non soltanto concedono l’acconto del dividendo, ma riescono anche a dire in anticipo, prima che chiuda l’esercizio, l’importo unitario che intendono distribuire. È il caso di Eni , la prima big di Piazza Affari a servire l’acconto. Il gruppo guidato da Claudio Descalzi a settembre ha erogato 0,4 euro, la metà degli 0,8 euro che la società si propone di distribuire sul 2016. Pur soffrendo il calo del prezzo del petrolio, Eni non trascura la remunerazione degli azionisti. Il piano industriale, presentato lo scorso marzo, ha confermato il dividendo sul 2016 a 0,8 euro per azione (come nel 2015), pari a un dividend yield del 6,3%, e lo ha indicato in crescita negli anni successivi sulla base di un prezzo del Brent previsto a 50 dollari nel 2016, a 60 dollari nel 2017 e sotto questo livello nel 2018-19 (nel triennio 2017-2019 senza il contributo delle dismissioni). Il 21 novembre scorso è stata poi la volta degli acconti di Sias , Atlantia , Recordati , Banca Mediolanum , Tenaris e Terna , e la fila delle società che pagano l’anticipo si sta allungando con una blue chip come Enel che nel piano strategico al 2019, presentato il 22 novembre, ha deciso di iniziare a pagare l’acconto sui dividendi forte di un utile netto pari nei primi nove mesi del 2016 a 2,7 miliardi di euro, +32% sullo stesso periodo 2015. Il 23 gennaio 2017 la società guidata da Francesco Starace staccherà 0,09 euro per azione, la metà del dividendo minimo di 0,18 euro indicato nelle linee guida del triennio, che prevedono una forte attenzione alla remunerazione degli azionisti con un incremento al 65% della quota distribuibile dell’utile netto ordinario consolidato 2017 rispetto al 60% del piano precedente, che salirà al 70% per gli esercizi 2018 e 2019. Al prezzo attuale il dividend yield di Enel è del 4,8%. Il gruppo ha inoltre fissato a 0,21 euro il dividendo minimo per azione sui risultati 2017. Scelte che sono state accolte bene dagli analisti. Banca Imi, per esempio, delinea addirittura uno scenario in cui il dividendo sul 2017 possa essere superiore rispetto agli 0,21 euro minimi indicati dal business plan. «Abbiamo calcolato che possa distribuire 0,23 euro per azione», afferma il broker, che sul titolo ha un giudizio buy con target price di 4,5 euro.

Nuova politica di remunerazione degli azionisti anche per Snam . Nel piano industriale 2016-2020 presentato lo scorso giugno, in occasione della separazione da Italgas , la società guidata da Marco Alverà ha indicato che il dividendo di competenza dell’esercizio 2016 sarà di 0,21 euro, pari a uno yield attuale del 6%, ed è previsto crescere del 2,5% all’anno per i due esercizi successivi.

Dal canto loro le Generali , in occasione dell’aggiornamento del piano industriale 2015-2018, lo scorso 23 novembre hanno confermato che nei quattro anni i dividendi aggregati supereranno i 5 miliardi. Il rendimento della compagnia guidata da Philippe Donnet sfiora il 7% in base a una cedola attesa dagli analisti di 0,77 euro, complice il forte calo del titolo che da inizio anno ha perso il 33% e oggi è poco sopra gli 11 euro. Dopo la presentazione del piano gli analisti di Mediobanca Securities credono possibile sul bilancio di quest’anno, a fronte di un utile netto stimato a 2,098 miliardi di euro, la distribuzione di un dividendo superiore del 4% rispetto al consenso, ovvero 0,8 euro per azione. Una cedola che risulterebbe quindi in crescita dell’11% su base annua (0,72 euro sul 2015). «Il rendimento del 7,1% che ci aspettiamo quest’anno porta Generali a essere scambiata a uno sconto consistente rispetto al rendimento del dividendo ordinario del 6,3% di Zurich, del 5,3% di Axa e del 4,9% di Allianz . Generali sta certamente scontando la necessità degli investitori di una maggior chiarezza sulla prossima ricapitalizzazione di alcune banche italiane. Alcune notizie positive su questo fronte, a nostro avviso, faranno scattare una rivalutazione del titolo», sostiene Mediobanca .

Per gli stessi motivi anche l’azione Intesa Sanpaolo quest’anno ha perso, come Generali , il 33%. Un ribasso che, però, la conferma sul podio dello yield di Piazza Affari grazie anche alla crescita del dividendo. Come Generali , la banca guidata da Carlo Messina ha indicato il monte che punta a erogare nei prossimi anni. Messina ha confermato che sul 2016 distribuirà 3 miliardi di dividendi (in aumento rispetto al totale riferito al 2015 di 2,4 miliardi, pari a una cedola unitaria di 0,14 euro) equivalenti, al prezzo attuale, a un dividend yield dell’8,7% (considerando un dividendo unitario previsto di 0,18 centesimi). Nel 2017 il dividend yield atteso da Mediobanca Securities salirà al 9,6% (dividendo unitario atteso di 0,21 euro). Il piano 2014-2017 prevede 4 miliardi di dividendi nel 2017 e la cessione di Allfunds (la piattaforma per il collocamento dei fondi in joint-venture paritetica con il Santander, al centro di nuove indiscrezioni su una possibile vendita) permetterebbe al gruppo di mettere fieno in cascina dato che il suo valore si aggira sui 2 miliardi. «La cessione di Allfunds Bank potrebbe fruttare a Intesa Sanpaolo un notevole capital gain nel 2017, in grado di coprire il gap tra i 3,4 miliardi di profitti netti che noi stimiamo per il 2017 e i 4 miliardi di dividendi a valere sullo stesso esercizio indicati dal piano industriale», spiega Mediobanca Securities. «La quota di Intesa Sanpaolo vale 140 milioni e l’eventuale incasso di 1 miliardo permetterebbe al gruppo di ottenere un capital gain tale da permettere al management di raggiungere gli obiettivi di 4 miliardi di utili e dividendi nel 2017», fa eco Icbpi, il cui rating sul titolo Intesa Sanpaolo è buy con target price di 2,7 euro.
Ai vertici dello yield c’è anche Igd , società che acquisisce e gestisce ipermercati e centri commerciali. Il consenso degli analisti stima un dividendo 2016 di 0,045 centesimi dopo gli 0,04 euro del 2015 (in crescita del 14,3% rispetto a quello del 2014, 0,0375 euro, rettificato sulla base delle nuove azioni emesse in occasione dell’aumento di capitale del dicembre 2015). La struttura di Igd , che è una Siiq, obbliga la società a distribuire il 70% degli utili maturati nelle attività di locazione in Italia. Nei nove mesi del 2016 Igd ha registrato ricavi in crescita del 6,6% a 102 milioni guidati dagli introiti degli affitti, saliti dell’8% nel periodo a 97,5 milioni. L’utile netto è stato di 37 milioni (+22%). Banca Imi ha confermato la sua visione positiva sul titolo «anche alla luce dell’interessante dividend yield offerto e al notevole sconto del titolo sul Nav, attorno al 47%», spiega il broker che sul titolo ha un target price di 1,05 euro e giudizio buy.

Così anche se la prossima primavera, quando si aprirà la stagione dei dividendi sui bilanci 2016, è ancora lontana, già ora ci si può posizionare in vista delle cedole che saranno distribuite sulla base dei risultati dei bilanci di quest’anno che, peraltro, stanno per chiudere. Il che dà minori margini di errore alle stime degli analisti. Inoltre, le attuali quotazioni depresse di Piazza Affari sono la conseguenza di un sentiment molto negativo che aleggia sulla borsa italiana a causa delle incognite del referendum del 4 dicembre.
Il Ftse Mib da inizio anno perde oltre il 23% ed è la peggior borsa in Europa. Se il clima dovesse migliorare i prezzi delle azioni salirebbero e i dividend yield, di conseguenza, scenderebbero. Approfittare ora dei prezzi di saldo del listino italiano può rappresentare una buona occasione, ovviamente tenendo presente che al momento in cui si deciderà di vendere il titolo sono da mettere in conto anche eventuali guadagni o perdite sul capitale. A questo proposito si deve anche considerare che dopo lo stacco del dividendo, il titolo accusa solitamente il colpo.

Come è accaduto ad Azimut , che lunedì scorso è arrivata a perdere il 6% dopo il dividendo straordinario di 1 euro erogato dalla società a seguito del via libera al piano di riorganizzazione che ha permesso di liberare l’ingente cassa di cui dispone. La maxi cedola del gruppo presieduto da Pietro Giuliani si aggiunge agli 0,5 euro già pagati lo scorso maggio. Azimut ha quindi distribuito nel corso del 2016, in relazione al bilancio 2015, in totale circa 200 milioni in dividendi (1,5 euro per azione), equivalente a un payout (quota degli utili distribuiti) dell’80% e a uno yield stimato del 7%. E anche per il 2016 il suo rendimento è elevato (6,5%).

In maniera opposta il 21 novembre, sulla scia dell’annuncio del dividendo straordinario di 3,6 euro per azione che il cda ha deliberato di staccare il 6 febbraio 2017 forte della cassa di cui dispone, il titolo Ei Towers ha guadagnato oltre il 5%. La maxi-cedola della società delle infrastrutture (torri di trasmissione) equivale, al prezzo attuale, a un rendimento dell’8,4% e porta il dividend yield totale atteso per l’esercizio in corso al 12,5%, ai massimi di Piazza Affari. Considerando che il gruppo (controllato al 40% da Mediaset ) ha confermato una politica di distribuzione del 100% degli utili, la cedola totale a valere sul 2016 dovrebbe attestarsi attorno ai 5,3 euro. Equita Sim stima per la società presieduta da Alberto Giussani un dividendo ordinario di 1,7 euro, in linea con il consenso degli analisti (1,74 euro). «Ei Towers resta il miglior titolo del settore Ue e Usa per quanto riguarda la remunerazione agli azionisti», afferma Mediobanca Securities.

Un altro titolo del risparmio gestito che, come Azimut , ha appena varato un’operazione straordinaria che potrebbe tradursi in un aumento della cedola, è Mediolanum . Il 17 novembre scorso il gruppo presieduto da Ennio Doris ha venduto il suo 50% di Banca Esperia a Mediobanca per 141 milioni. «Crediamo che Banca Mediolanum abbia chiuso un buon accordo, soprattutto perché con i ricavi della cessione può ora guardarsi intorno per eventuali acquisizioni o incrementare la propria politica di dividendo, data la sua solida posizione patrimoniale», ha detto Banca Akros. Per ora le attese sul bilancio di quest’anno indicano un dividendo pari a 0,3 euro per azione, invariato rispetto a quello del 2015, di cui 0,16 euro già staccati in acconto lo scorso 21 novembre, pari a un dividend yield del 5%. (riproduzione riservata)
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