di Paola Valentini
Si allunga la lista di gestori pronti a lanciare fondi legati ai Pir, i piani di risparmio a lungo termine senza tasse sui guadagni di capitale, che vedranno la luce con la Legge di Bilancio 2017. E, a dispetto delle incognite che aleggiano sulla borsa italiana, in attesa del referendum costituzionale del 4 dicembre, arriva un segnale di forte fiducia dalla City. Dopo Eurizon Capital, Pioneer, Ersel e altri big italiani dell’asset management che hanno aperto il cantiere dei Pir, si unisce anche un gestore inglese, Albemarle asset management, che da Londra in queste settimane ha lanciato la versione coperta del fondo azionario Italia Atlante Target Italy, il comparto portabandiera della casa (che tra l’altro si è appena alleata con la società di investimento Jci Capital, anche essa londinese, per la distribuzione dei suoi fondi in Italia). A tre anni il Target Italy ha reso il 23,9% a fronte del -2,9% del benchmark. Il nuovo nato si chiama Atlante Target Italy hedged e rispetto al fondo originario ha una copertura più incisiva attraverso una posizione short sull’indice italiano Ftse Mib. L’Atlante Italy hedged verrà presentato per la prima volta agli investitori lunedì 21 a Lugano, ai margini del Lugano Fund Forum. Una platea di internazionale per un comparto che punta a legarsi ai Pir. «Abbiamo deciso di lanciare un nuovo fondo specializzato sull’Italia perché nel 2016 la borsa italiana ha fatto ben peggio rispetto alle borse europee e ciò crea opportunità di acquisto di società sottovalutate ma con buone prospettive di crescita nel medio termine», spiega Umberto Borghesi, responsabile della gestione dei due fondi azionari e chief investment officer di Albemarle.
La strategia di Atlante Target Italy hedged si basa sulla costruzione di un portafoglio azionario con le stesse idee di investimento del fondo Target Italy, ma con una copertura totale tramite una posizione corta dell’indice Ftse Mib. «Mentre la costruzione della parte lunga del portafoglio azionario è composta da 20-25 titoli. La mission del fondo è dunque proteggere l’investimento dalla volatilità, generando rendimento su base continuativa», aggiunge Borghesi. Il gestore vede potenzialità in Piazza Affari anche allargando l’orizzonte temporale. «Negli ultimi 10 anni la borsa italiana è stata la peggiore in Europa insieme alla Grecia, dimezzando la capitalizzazione dei titoli. Non è stato certo un buon investimento per i risparmiatori. Quanto al futuro, le prospettive sono più rosee, poiché con una struttura industriale più forte sono presenti molte società interessanti e con valutazioni più attraenti rispetto ai competitor internazionali. A fronte di prezzi e valutazioni elevate nella borsa americana e in quelle europee, pensiamo che questo sia un punto di forza che porterà gli investitori a tornare a guardare le aziende italiane», prosegue Borghesi. Che però avverte: «Perché questo accada è fondamentale che l’Italia continui sulla strada delle riforme e che si rafforzi la ripresa, tuttora asfittica». E a proposito delle mid e small cap che sono l’obiettivo dei Pir, pensati proprio per canalizzare il risparmio degli italiani verso le pmi da sempre l’ossatura dell’economia del Paese, Borghesi nota: «Storicamente le performance di borsa delle small e mid cap hanno battuto quelle delle big cap. Questo fatto ha una ragione strutturale e varrà probabilmente anche per il futuro. La ragione principale è che le strutture più piccole sono più semplici e controllabili, gli spazi di crescita sono ampi e è più facile adattare una struttura piccola ai cambiamenti del mercato». Ma non mancano i rischi: «Tutto questo ovviamente a fronte di una maggiore volatilità ed erraticità dei risultati. I rischi di investire in un fondo azionario Italia sono legati a una maggiore volatilità e pericolo di perdite, anche se lo scenario che si presenta attualmente fa pensare che molti rischi di volatilità e perdite siano riscontrabili più sul mercato obbligazionario che su quello azionario», dice Borghesi. Che tra le società di media taglia nel portafoglio di Atlante Target Italy cita Saes Getters e Biesse . Attualmente tra le 10 posizioni più importanti, cinque riguardano società non parte del Ftse Mib, in linea con la normativa sui Pir che prevede, per avere l’agevolazione fiscale, un investimento minimo del 21% del totale (il 30% del 70% riferito a strumenti finanziari di società italiane o Ue con stabile organizzazione in Italia) in aziende non presenti in questo indice. «Crediamo che il Target Italy possa essere legato ai Pir in quanto fondo che investe solo in azioni quotate italiane con una parte importante del portafoglio sempre investita in small-mid cap», prosegue Borghesi. Che si unisce alla schiera di operatori che vorrebbero una modifica della disciplina che dovrebbe essere tarata di più sulle small cap, ad esempio introducendo requisiti di capitalizzazione massima delle società in cui investire (e non il generico riferimento a titoli fuori dal Ftse Mib) per canalizzare le risorse alle vere pmi. «Fuori dal Ftse Mib ci sono aziende di dimensioni rilevanti, con capitalizzazioni anche superiori a 1,5-2 miliardi, che non necessitano di particolari aiuti per reperire capitali», concorda Borghesi. «Si potrebbe poi rivedere al rialzo la percentuale del 30% riferita agli investimenti in strumenti emessi da imprese diverse da quelle inserite nel Ftse Mib, portandola ad esempio al 40 o 50%. Si potrebbero poi meglio definire le categorie di strumenti in cui il gestore può investire il 30% al di fuori del 70% minimo vincolato». (riproduzione riservata)

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