di Paola Valentini
C’è una massa di capitali di mille miliardi di euro, per intendersi più della metà del patrimonio detenuto dall’industria italiana dell’asset management (1.900 miliardi), pronta a prendere la via delle gestioni attive. Si tratta dei capitali che le compagnie assicurative europee intendono dirottare verso i fondi e le gestioni nei prossimi anni, perché sono a caccia di alternative di rendimento in una fase in cui i tassi ai minimi delle obbligazioni, da sempre un asset privilegiato dalle polizze Vita, rischiano di mettere a repentaglio i propri impegni verso gli assicurati. Senza dimenticare la normativa europea Solvency II, entrata in vigore a gennaio di quest’anno, che ha introdotto requisiti patrimoniali stringenti, con riflessi significativi sugli investimenti delle compagnie. La stima arriva da Prometeia che ha realizzato un’indagine tra 60 società di gestione internazionali che attualmente gestiscono asset di compagnie assicurative per un valore di 3.600 miliardi, circa un terzo del proprio business in Europa (su un totale di 22 mila miliardi di patrimonio gestito a livello globale). «È un’indagine piuttosto innovativa che punta a capire come gli asset manager intendano cogliere l’evoluzione del mercato assicurativo europeo che sta cambiando in modo strutturale perché le compagnie devono far fronte alle nuove sfide poste non soltanto dai tassi ai minimi, ma anche dalla normativa europea Solvency II che ha modificato l’appeal delle diverse asset class», spiega Claudio Bocci, partner di Prometeia e responsabile della consulenza per l’asset management. Cosa emerge? «Se fino a pochi anni fa le compagnie assicurative gestivano con team interni i portafogli che erano, tra l’altro, piuttosto conservativi perché i titoli di Stato presentavano ancora tassi appetibili, oggi la difficoltà di generare rendimenti con asset class tradizionali», aggiunge Bocci, «favorisce una forte crescita della domanda di soluzioni di asset management».
Questa esigenza porterà, nei prossimi anni, a una forte crescita del mercato europeo del risparmio gestito dedicato alle compagnie assicurative. «Dalla nostra indagine emerge che nel 2019 questo mercato potrà valere oltre 4,5 mila miliardi di euro, con una crescita annua dell’8% dai 3,6 mila miliardi di asset attuali», afferma Bocci, «si tratta di mille miliardi di nuovi flussi per i quali si ricorrerà ad asset manager». E in questo contesto, le compagnie faranno un crescente ricorso a gestori non del gruppo che possano offrire una esposizione su aree di nicchia. A livello geografico l’Italia è tra i mercati, insieme a Francia e Germania, più coinvolti da questo fenomeno. Ciò si spiega considerando che le compagnie italiane presentano una allocazione conservativa per via dei rendimenti dei titoli di Stato italiani che per anni sono stati molto generosi. Sul fronte della tipologia di mandati, oggi le compagnie assicurative danno in delega ai gestori soprattutto gli investimenti obbligazionari (33% obbligazionario corporate e 28% obbligazionari governativi), con un minor ruolo degli strumenti alternativi (8%) e dell’azionario (7%), perché questi ultimi due comparti sono penalizzati da un maggior assorbimento di capitale ai fini della normativa Solvency II. Per questo motivo le nuove tendenze confermano che le assicurazioni continueranno a guardare alle gestioni obbligazionarie, ma al loro interno, dati i tassi a zero, si punta a un’esposizione verso specifiche asset class più innovative e in grado di assicurare comunque un flusso di reddito costante anno per anno. Fanno parte di questo segmento gli strumenti del credito privato come i bank loan e i bond legati alle insfrastrutture e all’immobiliare che conquistano in totale il 29% delle preferenze. «I loan, che sono un asset che di fatto in Europa è accessibile soltanto agli investitori istituzionali», spiega Bocci, « e i finanziamenti legati alle infrastrutture e al real estate hanno caratteristiche che ben si adattano alle necessità delle compagnie di avere flussi di cassa regolari e di lungo periodo». Seguono, sempre nell’ambito del reddito fisso, i corporate bond, anche ad alto rendimento (high yield), che registrano il 20% dei consensi. Anche i mandati cosiddetti liquidi alternativi, cioè gestioni che adottano tecniche degli hedge fund ma con una maggiore trasparenza e liquidità, e le strategie multi-asset fixed income, che combinano in modo flessibile vari strumenti nell’ambito obbligazionario, sono tra quelle sulle quali si concentrerà maggiormente l’attenzione delle compagnie con rispettivamente il 9 e il 10% dei consensi. «Abbiamo riscontrato interesse per soluzioni multi-asset dove il gestore costruisce portafogli diversificati accedendo a molte asset class», aggiunge Bocci. Al contrario le compagnie sono meno propense a investire nell’azionario e nei fondi alternativi di private equity perché consumano troppo capitale ai fini dei requisiti di bilancio imposti da Solvency II. «Stesso discorso per gli hedge fund con l’aggravante che questi fondi non danno alle compagnie quel flusso informativo che consenta di capire il profilo di rischio del sottostante», prosegue Bocci. E le gestioni passive? «Interessano per tenere contenuti i costi, ma il trend più rilevante è sicuramente il ricorso ad asset manager attivi per loro capacità di portare rendimento su asset class alle quali le compagnie non possono arrivare. Per questo motivo migliorare le capacità di servizio verso il mercato delle compagnie assicurative è oggi una delle principali sfide per gli asset manager», afferma Bocci. (riproduzione riservata)
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