di Angelo De Mattia
È senz’altro positivo che la Consob abbia emanato la seconda delle tre previste Raccomandazioni in precedenza poste in consultazione pubblica, quella che riguarda le avvertenze per l’investitore, in tema di trasparenza e correttezza negoziale nella vendita di prodotti finanziari. La Raccomandazione, che poggia innanzitutto sui generali poteri di intervento da parte dell’authority, è ben articolata riguardando anche l’eventuale complessità e i rischi di illiquidità che possono incidere sul recupero dell’investimento; richiede che i testi siano brevi e concisi, chiaramente leggibili in forma autonoma; stabilisce che le avvertenze in questione siano aggiunte al prospetto. Si tratta dunque di un passo avanti e di una prima, circoscritta risposta ai problemi messi in evidenza in alcuni eclatanti casi di crisi bancarie: una risposta che si fonda su attribuzioni dell’authority che non sarebbero potute però andare oltre.

In effetti, in questa materia il riscontro più efficace sarebbe quello del divieto di vendita alla clientela retail di prodotti finanziari complessi a cui tempo fa ha fatto riferimento anche il governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco: ma qui siamo nell’ambito dei poteri di governo e Parlamento occorrendo una misura legislativa che poi dovrebbe essere coerente con le norme dell’ordinamento comunitario. È sperabile che un’iniziativa del genere venga comunque assunta, a maggior ragione in presenza dei rischi di ricorso, in qualche caso, alla disciplina del bail-in. Intanto, però, manca la terza delle Raccomandazioni preannunciate dalla Consob, quella che concerne la vendita di prodotti finanziari preconfezionati. A questo proposito il Parlamento Ue non ha dato il placet alle norme di attuazione del regolamento su tali prodotti predisposte dalla Commissione Ue, la quale dovrà così dare riscontro alle osservazioni e alle richieste di chiarimento formulate dallo stesso Parlamento. Verosimilmente si era soprasseduto all’adozione della terza Raccomandazione nell’attesa che tempestivamente fosse emanata quest’ultima disciplina fondata sulle informazioni-chiave (il cosiddetto Kid) e sugli scenari di performance.

Ma ora i tempi si sono allungati e allora per l’authority si pone il problema di continuare, senza decidere alcunché, nell’attesa delle disciplina comunitaria e poi, semmai, impartire disposizioni attuative nei limiti in cui lo consentono le norme europee oppure emanare la Raccomandazione anzidetta in via transitoria, con la clausola del suo venir meno al momento dell’entrata in vigore della normativa europea. La preferenza netta va a questa seconda ipotesi, che rappresenterebbe il completamento, in chiave interlocutoria, delle prime risposte ai rilevati casi di mala gestio dei rapporti tra intermediari e clienti (risparmiatori-investitori) per l’impatto che essi hanno suscitato nell’opinione pubblica; essa rappresenterebbe altresì la dimostrazione che l’esclusione dell’introduzione degli scenari probabilistici di rendimento pure da parte di istituzioni comunitarie (un’esclusione oggetto per alcuni mesi di una querelle con deboli fondamenti, spesso tra l’esoterico e il fantasioso) non è dettata dall’intento di aiutare gli intermediari quanto dall’opinabilità degli stessi, che nel Kid sui prodotti preconfezionati e complessi troverebbero invece una valida alternativa, idonea a raggiungere quei risultati che è possibile conseguire senza arrivare a impossibili certezze assolute di rendimento e alla scomparsa altrettanto irraggiungibile dei rischi per l’investitore. La Racconmandazione non contrasta con l’ordinamento comunitario perché per ora colmerebbe un vuoto normativo e sarebbe adottata con la clausola ovvia della sua decadenza all’entrata in vigore delle suddette norme europee.

Non dovrebbe allora continuare la riflessione alla Don Ferrante sull’agire o no sin da adesso in questo campo. Una decisione andrebbe assunta, senza ulteriori procrastinazioni. Non si tratta di aderire a quanto un quotidiano abbastanza superficialmente tempo fa ha chiesto scrivendo di una informativa sullo stile del bugiardino dei medicinali, sottovalutando la complessità e delicatezza della materia. Ben più approfonditamente ha fatto l’Abi formulando al riguardo specifiche proposte con le cosiddette «schede progetto» e con la semplicità informativa. La Consob poi ha dato contenuti e veste giuridica all’esigenza da diverse parti rappresentata, spingendosi fin dove i suoi poteri lo consentono. È immaginabile che nel collegio di vertice della Commissione vi sia su questo tema una fisiologica dialettica, muovendo comunque dalla posizione del presidente Giuseppe Vegas, che è apparso nei suoi interventi pubblici sicuramente sensibile al tema della trasparenza dei rapporti tra intermediari e investitori.

È necessario però che una pur feconda dialettica abbia poi una conclusione con un generalizzato sforzo di sintesi, senza danno tuttavia per l’efficacia della Raccomandazione e in tempi rapidi, perché sarebbe il colmo se la riflessione e i dispareri continuassero fino a che, senza essere nel frattempo arrivati a una decisione, intervenga la disciplina comunitaria, che qualcuno potrebbe vedere quasi come una liberazione dall’esigenza di decidere: «Dum Romae consulitur», non vi sarebbe un’espugnazione, bensì un importante punto perso per la Consob. (riproduzione riservata)

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