Negli ultimi anni, salvo alcune sentenze inerenti ai sindaci chiamati a rispondere di falso in bilancio in concorso con gli amministratori per omesso controllo sugli stessi, non vi sono state pronunce di legittimità particolarmente interessanti in punto di responsabilità concorsuale del professionista nei reati societari. Tuttavia, a seguito della recente riforma, iniziano a intravedersi alcuni orientamenti giurisprudenziali meritevoli di attenzione. Se si parte dall’assunto che i c.d. «bilanci falsi» sono una volontaria alterazione della realtà finalizzata a ingannare i terzi, le «false valutazioni» costituiscono, ovviamente, un mezzo materiale per alterare i conti annuali e, conseguentemente, anche l’informativa societaria. Non sembra, pertanto, che questa fattispecie sia stata abrogata dalla nuova disciplina. Al fine di evitare che vi sia una possibile responsabilità penale in capo al consulente, egli si deve limitare a prospettare, in applicazione della normativa di volta in volta vigente in materia, diverse soluzioni giuridiche al problema posto dal cliente, illustrandone vantaggi e rappresentando, altresì, le condotte da evitare in quanto rilevanti sotto il profilo penale; questo al fine di mettere il cliente in condizione di essere informato e operare una scelta consapevole in piena autonomia.

Per quanto concerne, poi, la tenuta della contabilità, la predisposizione della bozza di bilancio e delle dichiarazioni, si avrà responsabilità penale del professionista, a titolo di concorso, solo nel caso in cui questi svolga la prestazione in esecuzione delle direttive illecite del cliente.

Secondo la giurisprudenza, la ratio di tale previsione si rinviene nel fatto che il professionista può, in tali casi, rinunciare all’incarico conferitogli.

Diverso, invece, è il caso in cui il cliente fornisca dati falsi. In tale ipotesi, infatti, non può configurarsi responsabilità penale del professionista, salvo che non vi sia prova della consapevolezza della falsità di detti dati, da parte di quest’ultimo. Nel caso in cui la falsità dei dati forniti sia palese, invece, si configura una responsabilità del professionista, quantomeno a titolo di dolo eventuale.
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