Il caso Volkswagen è grave perché coinvolge un’azienda leader e imprime un indirizzo negativo anche ai fornitori. L’Italia? Sta finalmente crescendo, e se le famiglie smetteranno di avere paura…

di Jole Saggese

Più che l’Isis sulla ripresa dell’Europa potrebbe pesare l’affaire Volkswagen. L’avvertimento è lanciato dall’economista Mario Deaglio in questa intervista concessa a Class Cnbc in occasione della presentazione del 20° Rapporto sull’economia globale e l’Italia (promosso dal Centro Einaudi e Ubi Banca  e quest’anno intitolato: «La ripresa, e se toccasse a noi?»).

Quanto all’Italia, secondo Deaglio la ripresa è partita e sta aprendo una stagione di opportunità, ma ora sarà cruciale la collaborazione tra banche, famiglie, imprese e istituzioni affinché tornino a crescere gli investimenti e la domanda interna.

Domanda. I mercati per ora hanno mantenuto i nervi saldi, ma quale sarà secondo lei l’impatto degli attentati di Parigi sulla ripresa economica in Europa?

Risposta. Per saperlo occorrono altre 48 ore. Bisogna capire l’entità delle operazioni di polizia e il loro successo. Se tutto dovesse andare bene, l’impatto sarà relativamente trascurabile. Se invece dovesse venir fuori una realtà fatta non di una cellula ma di tantissime cellule, allora cambia tutto.

D. Gli attentati hanno colpito un’Europa già fiaccata dalla crisi economica. I tempi della ripresa si allungano?

R. Se non ci saranno altri attentati, l’effetto sarà trascurabile. È vero che l’Europa è stata già fiaccata, ma attenzione: sulla realtà economica l’affare Volkswagen conta molto di più degli attentati.

Una grande impresa che si trova dalla parte del torto imprime un indirizzo negativo a tutti i suoi fornitori.

D. Secondo lei gli attentati avranno un effetto sullo scacchiere internazionale avvicinando la Russia all’America e all’Europa e portando a una soluzione della crisi ucraina?

R. È una situazione molto complicata in cui gli interessi americani ed europei divergono sul futuro ruolo della Russia: per gli americani dev’essere un ruolo strettamente regionale, mentre i russi hanno altre ambizioni e gli europei non sanno bene che cosa fare. Per esempio, gli americani ci propongono il trattato Ttip, che all’Italia potrebbe anche andar bene perché protegge molti nostri marchi ma che incontra un’opposizione forte da parte del mondo agricolo tedesco e francese. Per ora quindi tutto è in bilico.

D. Gli attentati avranno qualche impatto sulle scelte di politica monetaria? Draghi ha ora qualche cartuccia in più?

R. È difficile sparare cartucce in questo momento, perché si rischia che sul mercato non ci siano abbastanza titoli da comprare.

D. L’Europa può crescere anche senza un potenziamento del Quantitative easing della Bce?

R. L’eventuale normalizzazione della Russia sarebbe sostitutiva di una buona fetta del Qe.

D. È favorevole a togliere le sanzioni alla Russia?

R. Da un punto di vista puramente economico sì, dopodiché va considerato anche il prezzo politico dell’operazione.

D. Intanto nella Federal Reserve sembra in aumento l’appoggio a Yellen perché alzi i tassi Usa a dicembre.

R. Temo che sia una strada obbligata, in quanto i dollari in circolazione sono veramente troppi e dunque vengono usati per scopi poco ortodossi. Per esempio, le quotazioni della borsa americana sono in buona parte sostenute dal riacquisto di azioni proprie che le società effettuano prendendo a prestito i soldi a tassi pressoché a zero. Quindi c’è un elemento di artificialità.

D. Sui mercati il prezzo del petrolio si è stabilizzato intorno ai 40 dollari, l’oro è ai minimi e l’euro si sta indebolendo: che cosa significa?

R. Il petrolio basso è un bene per le imprese che utilizzano greggio e per le famiglie che pagano le bollette. L’euro debole rende più competitive le merci europee sui mercati. Dunque non è affatto male.

D. L’Italia è davvero in ripresa?

R. Sì, anche se, come per gli altri Paesi, la ripresa per ora è lenta. Le famiglie italiane dispongono di notevole liquidità e, se la paura svanisce, ci sarà un effetto-rimbalzo che dovrebbe dare fiato all’economia.

D. Il merito della ripresa è solo del contesto internazionale o anche delle scelte del governo?

R. È difficile fare tagli netti. L’esecutivo ha capito che doveva svolgere una funzione tipica dei governi: non tanto adottare singole misure, quanto creare un clima di fiducia. Adesso forse si interpretano i numeri in una maniera più equilibrata e qualcuno sta decidendo di fare investimenti in beni durevoli, che sono poi la vera base della nostra ripresa.

D. Che voto dà alle banche? Come si sono comportate?

R. Guardando al sistema nel suo complesso, le banche si sono comportate in maniera rigorosa. La Banca d’Italia prima e la Bce poi hanno dettato regole che dovrebbero impedire grandi avventure. E le norme che sono state approvate dal Consiglio dei ministri di domenica scorsa dovrebbero essere tali da bloccare sul nascere le piccoli crisi.

D. Si è aperta una nuova via nei salvataggi bancari?

R. Assolutamente sì, in quanto tra quelli che potranno essere chiamati a sopportare eventuali dissesti ci sono anche i grandi depositanti, che non possono più considerare la banca come uno zerbino su cui mettono i piedi per poi andare da un’altra parte.

D. I piccoli risparmiatori invece sono davvero al sicuro?

R. Dovrebbe essere così, ma aspetto di leggere il testo completo per vedere se c’è qualche buco in questo programma. (riproduzione riservata)