di Andrea Di Biase

Grazie a un risultato netto di 2,7 miliardi di euro nei nove mesi, ampiamente oltre il target di 2 miliardi di utile netto previsto per l’intero 2015, Intesa Sanpaolo  apre al pagamento di un maxi-dividendo per l’esercizio in corso, superiore rispetto a quanto previsto dal piano d’impresa. Ad annunciarlo è stato il ceo della Ca’ de Sass, Carlo Messina, presentando i conti del terzo trimestre, archiviati con un risultato netto di 722 milioni, in crescita rispetto ai 483 milioni nello stesso periodo del 2014, ma in calo rispetto ai 940 milioni del secondo trimestre. «Sono pronto a pagare un dividendo extra» agli azionisti, ha detto Messina in conferenza telefonica con gli analisti, ma per farlo «serve la delibera formale del board». È «chiaro comunque che i risultati sono buoni e che siamo in condizione» di pagare un cedola superiore rispetto a quanto preventivato. «Due miliardi», ha ribadito, «è il livello minimo che posso pagare».

Il piano d’impresa prevede, infatti, la distribuzione di 2 miliardi di dividendi per il 2015, che salgono a 3 miliardi nel 2016 e a quota 4 l’anno successivo. Intanto, però, la reazione del mercato ai risultati è stata scomposta. Non appena pubblicati, il titolo è stato protagonista di una caduta di oltre il 4% a 3,03 euro per poi recuperare quando Messina ha aperto alla prospettiva dell’ extra-cedola (in chiusura -1,13% a 3,14 euro). 
Sebbene il risultato netto sia stato sopra le attese (era previsto un utile di 658 milioni), a deludere sono stati gli interessi netti, scesi nel trimestre del 3,2% a 1,91 miliardi contro una stima del consensus di 1,97 miliardi. Il dato, insieme alle commissioni nette (-9,8% a 1,78 miliardi), ha così penalizzato la voce dei ricavi, scesi a 4,19 miliardi (-9,6%). Il trimestre è stato inoltre caratterizzato da proventi straordinari positivi per 211 milioni «inerenti a una vertenza» non meglio specificata, cui hanno fatto fronte accantonamenti per rischi e oneri per 224 milioni (di cui 172 milioni relativi alla controllata in Croazia). Sui nove mesi, invece, i proventi netti sono cresciuti a quota 13,6 miliardi (+7,1%) con gli interessi netti in flessione del 7% (a 5,85 miliardi) mentre le commissioni sono cresciute del 12,6% (a 5,57 miliardi). Al di là della reazione dei mercati, Messina si è detto comunque soddisfatto per l’andamento della gestione. «I risultati sono i migliori dalla creazione» del gruppo, ha ricordato, precisando che la banca sta prestando «la massima attenzione ai costi», scesi nel trimestre a 2 miliardi (-2,3%) e ottenendo risultati in termini di efficienza con un cost/income del 46,5%. Dal punto di vista patrimoniale il common equity ratio si è attestato al 13,4%, ovvero «il più elevato tra le banche dell’Eurozona». Infine, in una fase di ripresa del Paese, Intesa Sanpaolo  ha erogato «29 miliardi di credito a medio lungo termine nei primi nove mesi a famiglie e imprese italiane» e «il doppio dei mutui dello scorso anno, di cui il 30% a coppie giovani». Il banchiere ha infine escluso la quotazione in borsa di Fideuram o Eurizon. «Non vogliamo quotare né l’asset management né il private banking perché ritengo che possano creare più valore senza l’ipo». Allontanata anche l’ipotesi di acquisizioni nel private banking. «Non ci sarà nessuna operazione» di questo tipo, ha spiegato Messina. (riproduzione riservata)