La clausola contrattuale che disciplina la perizia contrattuale, riprodotta nel ricorso, recita:

“Le controversie di natura medica sul grado di invalidità permanente, nonché sull’applicazione dei criteri di indennizzabilità, sono demandate per iscritto ad un collegio di tre medici, nominati uno per parte ed il terzo di comune accordo o, in caso contrario dal Consiglio dell’Ordine dei Medici avente giurisdizione nel luogo ove deve riunirsi il collegio dei medici.

Il collegio medico risiede nel Comune, sede di Istituto di medicina legale, più vicino al luogo di residenza dell’assicurato.

Ciascuna delle parti sostiene le proprie spese e remunera il medico da essa designato, contribuendo per metà delle spese e competenze del terzo medico.

È data facoltà al collegio medico di rinviare, ove ne riscontri l’opportunità, l’accertamento definitivo della invalidità permanente ad epoca da definirsi dal collegio stesso, nel guai caso il collegio può intanto concedere una provvisionale sull’indennizzo.

Le decisioni del collegio medico sono prese a maggioranza di voti, con dispensa da ogni formalità di legge, e sono vincolanti per le parti, le quali rinunciano fin da ora a qualsiasi impugnativa salvo i casi di violenza, dolo errore o violazione di parti contrattuali.

I risultati dell’operazione arbitrale devono essere raccolti in apposito verbale, da redigersi in doppio esemplare, uno per ognuna delle parti”.

È indubbio che nella specie sia applicabile l’art. 1469 bis c.c. (oggi art. 33, codice del consumo), trattandosi di contratti stipulati dopo l’entrata in vigore della L. 6 febbraio 1996, n. 52, art. 25, – che ha aggiunto il Capo XIV bis al Libro IV del codice civile, per dare attuazione ad apposite disposizioni adottate in sede Europea (Direttiva n. 13/93/CEE).

La Corte di merito, nel richiamare la decisione di improponibilità della domanda per effetto della presenza della clausola in argomento, pur riconoscendo l’applicabilità della disciplina sopravvenuta, ha fatto acritico riferimento alla giurisprudenza formatosi, su clausole analoghe, in riferimento agli artt. 1341 e 1342 c.c., applicabili alle specie allora esaminate.

Di recente, la Corte di legittimità ha affrontato direttamente la questione ora all’attenzione della Corte, riconoscendo la vessatorietà e la inefficacia della clausola (Cass. n. 7176 del 2015 e n. 9315 del 2015), all’esito del diretto esame della previsione dettata a tutela del consumatore alla luce della direttiva comunitaria. Ha messo anche in evidenza la diversità di prospettiva e di tutela rispetto alla generale disciplina codicistica previgente, nonché la portata dell’art. 1469 bis c.c., comma 1, ai fini dell’interpretazione della elencazione delle clausole che si presumono vessatorie in mancanza della dimostrazione, a carico del “professionista”, di essere state oggetto di trattativa individuale.

In particolare, nella seconda delle decisioni richiamate, la clausola contenente la “perizia contrattuale” riguarda la stessa polizza assicurativa, in controversia tra le stesse parti in riferimento ad un diverso sinistro.

La decisione suddetta ha affermato il seguente principio di diritto: “Nel regime dell’art. 1469 bis c.c. e ss., in un contratto assicurativo per infortuni, concluso sulla base di condizioni generali predisposte dall’assicuratore, si deve considerare vessatoria e, dunque, inefficace, la clausola delle stesse, espressamente qualificata come di arbitrato irrituale, la quale, nel prevedere che le controversie sul grado di invalidità permanente e sui criteri di indennizzabilità siano demandate ad un collegio medico di tre membri, di cui uno ciascuno da nominarsi dai contraenti ed il terzo da un soggetto estraneo, stabilisca: a) che le spese relative alla nomina e remunerazione del membro da nominarsi da ciascuna parte per l’intero e quelle del terzo per metà siano a carico di ognuno dei contraenti (e, quindi, per quanto gli compete, del consumatore); b) che il collegio arbitrale può rinviare ad epoca da definirsi l’accertamento definitivo del grado di invalidità permanente, con la sola possibilità di una provvisionale sull’indennizzo.

La vessatorietà discende ai sensi di una congiunta valutazione in forza dell’art. 1469 bis, comma 1, e del comma 3, nn. 2 e 18, della stessa norma”.

Cassazione civile sez. III, 22/06/2015 n. 12873