di Francesca Vercesi

I prossimi 7 e 8 dicembre più di 190 leader dei Paesi del mondo si riuniranno a Parigi per la XXI Conferenza delle Parti (COP21) sul cambiamento climatico, la riunione più importante degli ultimi anni per decidere come rallentare (e se possibile fermare) l’aumento della temperatura a livello globale nei prossimi decenni.

Le speranze sono grandi anche se l’appuntamento inizierà in circostanze molto diverse da come si pensava prima degli attentati terroristici di venerdì 13 novembre proprio a Parigi. Sta di fatto che gli strategist e i gestori stanno esaminando le variabili legate al potenziale impatto del cambiamento climatico sugli investimenti. E mettono in evidenza come gli investitori non possono ignorarne le implicazioni sui ritorni degli investimenti. Afferma Christophe Bernard, chief strategist di Vontobel: «Se il tono più conciliante di Usa e Cina in materia di clima può essere preso come indicatore, ci troviamo di fronte a una svolta». Mark Carney, governatore della Bank of England, ha ammonito che gli investitori potrebbero subire perdite «potenzialmente enormi» a causa del cambiamento climatico. Prendendo come esempio le società petrolifere, ha detto che queste potrebbero non sfruttare tutte le loro riserve, eventualità che non si riflette nei prezzi delle azioni. «Questo avrebbe effetti destabilizzanti non solo per imprese come ExxonMobil, BP o Total  ma anche per i fondi pensione e gli investitori privati, poiché i colossi petroliferi hanno un grande peso negli indici azionari. Alla stessa stregua, i Paesi che dipendono dagli introiti delle fonti fossili devono affrontare grandi sfide a lungo termine con ricadute pesanti sui loro rating creditizi e le loro valute se non riescono ad adottare per tempo una strategia di diversificazione», precisa. L’argomento, insomma, è caldissimo. Tanto che il Global Risks report presentato al World Economic Forum del 2014 quantifica l’impatto del rischio climatico al pari di quello di una crisi energetica e al di sopra di un cyber attack o di una bolla finanziaria. Il BlackRock Investment Insight, istituto interno a BlackRock che raggruppa le più importanti idee dell’azienda in termini di investimenti, ha stilato per la prima volta un report dal titolo «The Price of Climate Change. Global Warming’s impact on portfolios». Si legge: «Il focus sulla sostenibilità produce enormi quantità di nuovi dati utilizzabili per misurare i rischi ambientali fisici e normativi, ricercare opportunità di alpha o rispecchiare i valori sociali a livello di portafoglio. Per esempio possiamo analizzare l’intensità di carbonio del portafoglio di obbligazioni societarie di una compagnia assicurativa o approfondire le ricerche che collegano una maggiore efficienza del carbonio alla sovraperformance azionaria». Inoltre, «l’evoluzione dei mercati finanziari verso l’inclusione del trading di emissioni e dei green bond consente agli investitori di limitare l’esposizione al carbonio dei propri portafogli. Attribuire un prezzo alle emissioni di carbonio è essenziale per determinare il valore dei settori a uso intensivo di energia. Tuttavia questi prezzi dipendono per lo più dalla politica e attualmente non sono previsti molti incentivi per spingere gli emettitori ad azioni palliative e i consumatori ad abbandonare i combustibili fossili». In ogni caso, gli sforzi per mitigare il cambiamento climatico produrranno vincitori e vinti. Il settore petrolifero e i Paesi esportatori di petrolio potrebbero sembrare perdenti, tuttavia gli operatori a basso costo dovrebbero farcela perché probabilmente il processo di decarbonizzazione sarà graduale. Si legge ancora nel report che «tra gli asset che possono beneficiare di una transizione verso un’economia a bassa intensità di carbonio ci sono i titoli azionari e obbligazionari relativi alle infrastrutture rinnovabili. Favoriamo inoltre selezionate società specializzate nell’efficienza energetica e nelle tecnologie pulite». Un numero crescente di investitori sta prendendo consapevolezza del rischio finanziario dovuto al riscaldamento globale, non ancora correttamente prezzato dal mercato. «Questa esigenza ci ha spinti a creare dei prodotti low carbon. Sono fondi che, pur mantenendo una composizione settoriale e geografica simile a quella del proprio indice di riferimento, allo stesso tempo riducono il livello di emissioni o di riserve di combustibili fossili di almeno il 50%», spiega Vincenzo Sagone, responsabile Etf & Indexing Business Unit di Amundi Sgr. «Un approccio utile per le aziende: si evita un’esclusione settoriale ed è uno stimolo per i singoli emittenti a ridurre le proprie emissioni e per gli investitori che mantengono un’esposizione simile all’indice di riferimento. In questo modo, nella poco probabile eventualità in cui non dovessero essere applicate politiche di riduzione delle emissioni, la performance dell’investimento corrisponderebbe a quella dell’indice. In caso contrario, questa strategia potrebbe dare una performance positiva rispetto all’indice». Per il retail è sul mercato anche un etf, l’Amundi Etf Msci World Low Carbon Ucits, quotato su Borsa Italiana, che replica l’indice Msci World Low Carbon Leaders. Ci sono poi fondi tematici in via di autorizzazione, oltre a quelli che sono andati sul mercato prima dell’estate. Un esempio di quanto sia importante il cambiamento climatico nell’Ue è il budget annuale assegnato alla transizione energetica in Europa, valutato intorno a 350-400 miliardi di euro per un periodo di dieci anni, il 3% del Pil europeo. La metà di questa somma è dedicata a ridurre le emissioni di gas serra. Mirova e Carbone 4 hanno creato una partnership dedicata allo sviluppo di una nuova metodologia, denominata Carbon Impact Analytics, in grado di fornire una misurazione dell’anidride carbonica allineata con i temi della transizione energetica. Questo processo si concentra sulla misurazione delle emissioni imputabile all’attività di una società, tenendo conto del ciclo di vita, delle emissioni dirette, di quelle dei fornitori delle materie prime e degli utenti finali. «La metodologia, inoltre, misura anche le emissioni evitate grazie agli sforzi di efficienza o l’implementazione di soluzioni a basse emissioni», spiega Anne Laurence Roucher, head of development di Mirova (società parte di Natixis Global Am). E aggiunge: «Per il mercato italiano abbiamo azioni quotate, obbligazioni e fondi infrastrutturali. Le nostre strategie azionarie sono sia regionali (area euro o globali) sia tematiche (energia, acqua e agricoltura, immobiliare, ambiente). Nel fixed income, il focus è sull’aggregato della zona euro e sui prodotti euro corporate, in entrambi i casi con una forte attenzione al tema dei green bond. Il fondo Mirova global transition energy, per esempio, si concentra sulle società le cui attività contribuiscono a ridurre le emissioni di gas serra. Il fondo investe su: generazione di energia a basse emissioni, efficienza energetica e tecnologie abilitanti (veicoli elettrici). Ha un beta di circa 1,2 rispetto all’indice Msci World e negli ultimi tre anni ha battuto l’indice Msci Energy di oltre il 15% (in dollari). Sta di fatto che la scelta del settore, in termini di performance, è molto rilevante. Secondo l’ultimo report Mercer, dal titolo «Investing in a time of climate change», a seconda dello scenario climatico, i rendimenti medi annui provenienti dal settore del carbone potrebbero vedere una caduta compresa tra il 18 e il 74% nei prossimi 35 anni, con effetti più pronunciati nel corso del prossimo decennio (erodendo tra il 26 e il 138% dei rendimenti medi annui per i prossimi dieci anni). Al contrario, le energie rinnovabili vedono i rendimenti medi annui aumentare tra il 6 e il 54% su un orizzonte temporale a 35 anni (o tra il 4 e il 97% su un periodo di dieci anni) a seconda dello scenario climatico. Spiega Luca De Biasi, responsabile Investments di Mercer Italia che «gli impatti saranno concreti per tutte le asset class ma c’è ampia variabilità in base allo scenario climatico. Le asset class orientate alla crescita mostrano maggiore sensibilit&agra
ve; ai rischi climatici rispetto a quelle conservative». Ad esempio, nello scenario di aumento delle temperature pari a 2 gradi, si sperimentano vantaggi per le azioni dei mercati emergenti, infrastrutture, immobili, legno e agricoltura. Lo scenario di aumento delle temperature pari a 4 gradi porterebbe invece un impatto negativo su mercati emergenti, immobili, legno e agricoltura, ma non sulle infrastrutture. L’industria in primis, insomma, si deve muovere. Un giro di boa della politica può avere un effetto immediato su interi settori e, di riflesso, sui portafogli. Quest’estate un nuovo piano americano in materia di clima ha colpito inaspettatamente il ramo del gas da scisti. La Casa Bianca ha infatti abbandonato il suo precedente entusiasmo per il gas naturale come alternativa più pulita al carbone e si è focalizzata piuttosto sulle energie rinnovabili come modo per ridurre le emissioni di gas serra delle centrali elettriche. Precisa l’esperto di Vontobel: «L’Agenzia internazionale dell’energia ha stimato che limitare il riscaldamento del pianeta a livelli accettabili richiederà investimenti aggiuntivi in energia pulita pari a circa mille miliardi di dollari l’anno. Gli operatori di mercato dovrebbero quindi puntare sulle società che hanno i presupposti per beneficiare di questa tendenza di lungo periodo. Allo stesso tempo, però, dovrebbero riconsiderare le loro posizioni in aziende e settori che potrebbero contare tra gli sconfitti di questo megatrend». (riproduzione riservata)