Pagina a cura di Luigi Dell’Olio 

 

Si apre lunedì 30 novembre a Parigi, e durerà fino all’11 dicembre, la Conferenza sul Clima Cop21. Un’occasione per discutere dell’impatto sociale ed economico dei cambiamenti in atto, seguita da vicino anche dal mondo finanziario. Perché, tra norme sempre più restrittive sul fronte delle emissioni inquinanti e nuovi spazi di mercato per la produzione di energia green, vi sono nuovi temi da considerare nella scelta degli investimenti.

Con l’industria finanziaria impegnata a individuare strumenti innovativi per l’allocazione dei risparmi.

La frontiera fossil-free. «Un segnale di quanto sia importante il cambiamento climatico nell’Ue è il budget annuale assegnato alla transizione energetica in Europa, valutato intorno a 350-400 miliardi di euro per un periodo di dieci anni, ovvero il 3% del Pil complessivo. La metà di questa somma è dedicata a ridurre le emissioni di gas serra», spiega Lea Dunand Chattelet, head of equities di Mirova (società di Natixis Global AMm). «Il riscaldamento globale oltre ad essere un tema fondamentale per l’umanità intera porta con sé alcune conseguenze che si ripercuotono anche nel mondo finanziario», gli fa eco Vincenzo Sagone, responsabile Etf & Indexing business unit di Amundi.

La via più semplice per investire sul clima, l’ambiente e le energie rinnovabili è scegliere i titoli azionari delle società attive in questi segmenti. Una scelta che, per un piccolo investitore, trova giustificazione solo a fronte di un’adeguata conoscenza dell’azienda, delle sue potenzialità e del contesto nel quale opera. Altrimenti, può essere il caso di puntare sugli strumenti del risparmio gestito.

L’ultima novità è dei giorni scorsi, quando a Wall Street ha debuttato l’Etho Climate Leadership Us, il primo Etf fossil-free al mondo. Sul mercato c’erano già dei fondi low carbon, attenti all’impatto ambientale degli investimenti, ma comunque esposti sul comparto energetico tradizionale; il nuovo prodotto, invece, esclude categoricamente dal portafoglio le imprese petrolifere, del gas e del carbone.

Msci (tra i principali provider di indici), in collaborazione con Amundi e due fondi pensione europei, ha creato due indici low carbon, ossia decarbonizzati (World e Europe). «Questo approccio di investimento intende limitare l’esposizione del portafoglio al rischio di emissioni di anidride carbonica conservando al contempo la performance relativa agli indici di riferimento», aggiunge Sagone.

Opportunità per tutti i gusti. Le opportunità di investimento nel settore non si esauriscono qui. Restando nell’ambito degli Etf, è il caso ad esempio del Lyxor Etf New Energy, che replica l’andamento dell’indice World Alternative Energy e ha un costo annuo di gestione dello 0,60%. Denominato in euro, il fondo indice presenta in portafoglio, tra gli altri, Valeo (fornitore del mercato automobilistico, specializzato nelle soluzioni a basse emissioni inquinanti), Acuity Brands (che produce sistemi intelligenti di illuminazione) e Vestas Wind Systems (azienda danese che fabbrica e commercializza turbine eoliche). A livello geografico, gli Stati Uniti il Paese più importante tra i titoli in portafoglio (il 43%), davanti alla Francia (11%) e alla Danimarca (10,5%).

Tra i cloni finanziari figura anche iShares S&P Global Clean Energy, che ha come riferimento l’indice omonimo (al costo dello 0,65% annuo), con una focalizzazione sulle 30 azioni più liquide su scala globale tra le società che operano nel settore dell’energia pulita. L’area dell’Asia e degli emergenti è la più rappresentata in portafoglio (poco meno del 28%), davanti a Stati Uniti (24%) ed Eurozona (23%), con i principali titoli che sono First Solar, l’italiana Enel Green Power e China Everbright International.

Tra i fondi comuni (che affidano al gestore il compito di movimentare i titoli di portafoglio alla ricerca del migliore rendimento possibile) figura il Pioneer global ecology, che investe in settori come energia pulita, riciclaggio dei rifiuti e depurazione delle acque. Il costo per il sottoscrittore ammonta al 2,55%, con l’Europa occidentale che risulta essere l’area più rappresentata (43%), mentre Veolia è il titolo più pesante in portafoglio, davanti a Vestas e Capgemini.

I titoli italiani. L’organizzazione non profit Cdp periodicamente seleziona le aziende più attente sul fronte green. L’ultima edizione attribuisce il rating massimo, vale a dire Climate A List, a realtà come Alcatel, Siemens, Apple, Microsoft e Google.

A livello italiano il report segnala un forte incremento (+143%) del numero di imprese che hanno rendicontato le proprie attività ambientali tramite Cdp nel corso degli ultimi cinque anni. Segno che la sensibilità sul tema da parte di consumatori e investitori è in crescita, tanto da spingere le aziende in questa direzione. Tra le realtà premiate nell’edizione 2015 figurano numerosi nomi noti come Intesa Sanpaolo, Fiat Chrysler Automobiles NV, Cnh Industrial, Yoox Group, Save–Aeroporto di Venezia e GTech.

Detto delle opportunità di mercato, quanto può essere opportuno investire in questo segmento? «I prodotti low carbon al momento si focalizzano sull’equity», sottolinea Sagone. «Quindi, considerando un portafoglio absolut return con rischio medio, quindi 20-30% equity e resto in fixed income, si può coprire il 10-30% del portafoglio», conclude.

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