di Ulrich Baumann*

A settembre la protesta contro la riduzione dei benefici pensionistici alla Lufthansa ha attirato l’attenzione su convenienza e sostenibilità degli attuali modelli di integrazione delle pensioni. Una serie di cause ha infatti ridotto le performance dei fondi assicurativi e di previdenza integrativa. Proprio in Germania alcune aziende hanno cominciato a riscoprire possibili alternative per la previdenza integrativa dei dipendenti tramite norme che permettano all’azienda di gestire direttamente i contributi dei dipendenti. Tra i pionieri di tali opzioni c’è Daimler  che da più di 100 anni permette ai dipendenti di optare per una pensione integrativa aziendale. L’opzione, che consente all’azienda di gestire i contributi dei dipendenti, assicura notevoli risparmi sui costi di gestione di fondi. E non sono solo grandi imprese a offrire ai dipendenti tale possibilità. Anche le pmi possono disporre liberamente dei corrispettivi convertiti e dei costi non salariali risparmiati, concedendo ai collaboratori i trattamenti integrativi dovuti e previsti. La legge prevede che, qualora i dipendenti optino per la pensione aziendale, essi ricevano un rendimento superiore al 4%, più di quanto offre il mercato. Se il dipendente vedrà aumentare il rendimento della pensione integrativa, l’imprenditore potrà vedersi garantito un capitale a lungo termine a tassi di sicuro interessanti, ideale per immobilizzazioni materiali su cui, peraltro, sono previste agevolazioni fiscali collegate agli ammortamenti. Forse proprio a causa della crisi finanziaria questo modello è attraente. L’impresa potrà poi decidere, dovessero assicurazioni e fondi offrire ritorni più interessanti, di riportare all’esterno la gestione delle pensioni integrative. Infine, a garanzia dei lavoratori, la normativa tedesca prevede un Istituto di Garanzia che garantisce per legge la pensione aziendale. Tale modello e applicabile anche alle controllate tedesche di aziende estere. (riproduzione riservata)

*partner, studio Großmann Fadani