Clausole & clausole
La definizione, difficilmente riscontrabile nei prodotti, aiuterebbe ad evitare molti contenziosi
Autore: Redazione di Assinews
ASSINEWS 269 – Novembre 2015
I criteri adottati nella liquidazione dei sinistri sono patrimonio di conoscenza delle imprese e degli addetti che operano in tali ambiti. Se in normativa il metodo sulla determinazione delle somme assicurate e del valore dei beni al momento del sinistro sono espressi più o meno chiaramente, così non avviene altrettanto per la tecnica che viene adottata da periti e liquidatori per calcolare l’entità del danno. Questo potrebbe giocare sfavorevolmente per il danneggiato, specie quando alla base si combinano aspetti normativi e criteri economico-tariffari troppo conservativi.
Nonostante l’evoluzione delle normative di settore i prodotti assicurativi, su certi aspetti, sono ancora difficilmente decifrabili.
Spesso ci si chiede perché la mole di norme introdotte nel nostro ordinamento non abbia ancora portato ad una maggiore chiarezza e la risposta è sempre la stessa: in teoria sì, ma poi nella pratica …
Norme e regole …
Breve preambolo.
È noto il fatto che il contratto di assicurazione non ha la qualità “terrena” dell’aspetto “formale”, anche se in concreto, al momento della stipula, si sottoscrive la polizza in cui sono presenti le condizioni normative che vengono consegnate alle parti (la forma scritta è di fatto richiesta dalla legge ad probationem ai sensi dell’articolo 1888 del codice civile).
Con l’avvento del codice delle assicurazioni (che ha stabilito il collegamento tra codice civile e codice delle assicurazioni), sono stati introdotti i criteri di redazione dei contratti assicurativi.
Per i contratti di assicurazione stipulati a partire dal 1° gennaio 2006, pertanto, vigono altresì le norme del codice delle assicurazioni che si integrano alle norme del codice civile, che continua a costituire legge “generale”.
Infatti, il codice delle assicurazioni, lo ricordiamo, ha la caratteristica di costituire una legge “speciale”, con la conseguenza che le disposizioni del codice delle assicurazioni, in caso di divergenze rispetto a quanto pattuito dal codice civile, prevalgono.
L’art. 166, comma 1 del codice delle assicurazioni stabilisce che “il contratto e ogni altro documento consegnato dall’impresa al contraente va redatto in modo chiaro ed esauriente”.
Tutto ciò, naturalmente, non va solo a favore del contraente come voluto in concreto dal legislatore, perché è ovvio che se un contratto è redatto in modo chiaro, la compagnia di assicurazione riduce in modo sostanziale le controversie … ma come succede spesso, più ci si ostina a introdurre regole, più si rischia il contenzioso … qualche cavillo …
Oltre all’obbligo di chiarezza ed esaustività, il comma 2 dell’articolo 166 dispone anche un obbligo di segnalazione grafica delle clausole gravose.
L’articolo di questo mese, tratta una definizione particolarmente significativa che può o meno essere presente nei prodotti. Questa, una volta inserita nel mass market dei prodotti, determinerebbe risultati tecnico-economici molto “interessanti”, ancorché inficiati da potenziali criticità liquidative.
Ci riferiamo quindi in primo luogo a prodotti standardizzati che, nell’interpretazione del codice delle assicurazioni, sono di fatto assimilabili a “contratti per adesione”.
Va ricordato che in questo genere di prodotti, purtroppo, il contraente ha poco spazio di manovra per esigere modifiche normative; al limite può giocarsi uno sconto, ma per il resto non ha molte chance. Pertanto, quand’anche riuscisse a prendere consapevolezza delle potenziali conseguenze liquidative, non avrebbe margine per ottenere deroghe.
Altra faccia della medaglia …
Anche per gli intermediari che trattano prodotti che hanno alla radice i principi liquidativi che esporremo risulterà difficoltoso fare i conti col mercato, specie per il fatto che sono obbligati a garantire una appropriata informazione e presa di consapevolezza del contraente, come stabilito dall’articolo 120 sull’informazione precontrattuale e sulle regole di comportamento degli intermediari assicurativi.
Il codice delle assicurazioni esige maggiore chiarezza ed esaustività …
Due nobili principi … buona la teoria, diversa e complessa la pratica …
Ma in cosa si dovrebbero tradurre i due principi? Sulla chiarezza non c’è molto da dire, nel senso che, considerata la platea di persone a cui si potrebbe rivolgere un contratto standardizzato (molto ampia in certi casi), bisogna interpretare la norma avendo a riferimento soggetti con una preparazione “media”, ovvero, adatti ad interpretare un linguaggio ragionevolmente comprensibile, non certo tecnico.
Sull’esaustività parliamone, nel senso che non è richiesta una modalità specifica o che sia imposto di dilungarsi nei testi normativi in modo spropositato così da soddisfare il disposto. Sarà però necessario mettere in evidenza quegli elementi che potrebbero avere influenza sugli interessi delle parti. (come nel caso delle definizioni che hanno ad oggetto il risultato economico della liquidazione del sinistro).
Il nostro caso ed i risvolti delle norme contenute nel codice civile e delle assicurazioni
E dopo un preambolo così noioso, eccoci finalmente al cuore del problema.
La definizione in predicato è quella riferita al “danno indennizzabile” (o liquidabile come lo si voglia chiamare). Qualora inserita in polizza, secondo le disposizioni del codice delle assicurazioni, si andrebbe a collocare nel glossario presente nella nota informativa.
Il predetto codice infatti, sempre riferendoci all’art. 166, fa riferimento al contratto ed “ogni altro documento” che, nel caso specifico, è la nota informativa che fa parte integrante del contratto stesso e che ha una sua disciplina specifica all’articolo 185. Ed anche in questo caso è richiesta dal legislatore una particolare attenzione in tema di chiarezza espositiva …
Prima di arrivare al glossario però, sempre nella nota informativa è presente una sezione specifica (normalmente al punto 3: coperture assicurative offerte – limitazioni ed esclusioni). In questa sezione in particolare, è previsto che debbano essere riportati degli esempi di applicazione di scoperto e/o franchigia in funzione della presenza o meno di tali fattispecie. Prima di proseguire nel solco del filo logico tracciato, riportiamo le definizioni che siamo riusciti ad individuare di danno (perlopiù legato ai danni materiali e diretti) presente in alcuni prodotti.
Dopodiché capiremo come simili definizioni possono impattare sull’importo da liquidare.
Definizione compagnia A
Danno: “Il danno determinato in base alle condizioni tutte di Polizza, senza tenere conto di eventuali scoperti, franchigie e limiti di indennizzo”.
Definizione compagnia B
Danno liquidabile: “Danno determinato in base alle condizioni di Polizza, entro la Somma assicurata / Massimale assicurato o il limite di Indennizzo/risarcimento previsto, senza tener conto di eventuali scoperti e franchigie eventualmente applicabili”.
Definizione compagnia C
Danno indennizzabile: “L’importo del danno calcolato (ai fini del valore a nuovo e/o della preesistenza, se ed in quanto applicabili),sulla base delle condizioni tutte di polizza, prima dell’applicazione di eventuali franchigie, scoperti e/o limiti di indennizzo che verranno successivamente conteggiati nella determinazione dell’indennizzo dovuto dalla Società”.
Commenti e conclusioni
Difficilmente, come si è detto in principio, si riscontra una definizione di danno che riguardi l’argomento trattato.
Tuttavia, simili definizioni, qualora vadano ad incidere sul contenuto economico del contratto, oltre a comparire nel glossario, dovrebbero avere particolare evidenza grafica nel testo normativo come spiegato all’articolo 166.
Pensare di sottoporre o meno alla doppia firma prevista dall’articolo 1342 codice civile ogni clausola che contiene la definizione di tipo “penalizzante” potrebbe risultare effettivamente eccessivo più che ridondante, ma, volendo approfondire, si tratta effettivamente di un aspetto gravoso per l’assicurato.
Fatto questo inciso passiamo al commento delle definizioni riportate, anzi, è il caso di dirlo, “tiriamo le somme”, anche attraverso esempi numerici per consentire una migliore comprensione.
La definizione della compagnia A), ci sembra molto chiara, nel senso che l’importo del danno non è in alcun modo inficiato da scoperti, franchigie o limiti di indennizzo. Se dovessimo tradurre in un semplice esempio numerico il risultato liquidativo, potremmo schematizzare come segue:
In tal caso, essendo il punto di partenza l’importo del danno, nell’ipotesi di danno di entità maggiore della somma assicurata, per l’assicurato ci sarebbero concrete possibilità di ottenere l’intera somma assicurata / l’intero limite di indennizzo.
La definizione della compagnia B), riporta altrettanto chiaramente il meccanismo, seppure con un risultato più penalizzante. In questa ipotesi il punto di partenza è la somma assicurata (o il massimale) / il limite di indennizzo e gli scoperti / franchigie, qualora presenti, devono essere applicate a tali entità. Come per il precedente caso, cerchiamo di tradurre numericamente il possibile risultato liquidativo:
In presenza di una simile definizione, a meno di completa assenza di limiti, franchigie e scoperti, in caso di danno di importo maggiore della somma assicurata l’assicurato difficilmente potrà ottenere la somma assicurata/l’intero limite di indennizzo.
La lettura della definizione della compagnia C), ci rimanda nella sostanza alla definizione della compagnia A), nel senso che l’importo del danno non è in alcun modo inficiato da scoperti, franchigie o limiti di indennizzo. In più si ha solo il riferimento alla preesistenza che anticipa semplicemente il ragionamento rispetto a possibili ipotesi di sottoassicurazione in cui si avrebbe una riduzione proporzionale tanto quanto avverrebbe negli altri casi riportati.
Di conseguenza, per la compagnia C), l’esempio numerico coinciderebbe con quello della compagnia A). Dopo aver chiarito il funzionamento e la possibile applicazione di questi principi, vanno fatte anche altre considerazioni, più o meno favorevoli alla definizione della compagnia B), che fino ad ora risulta la più penalizzante.
Se ragioniamo ad esempio sulla base del “valore intero” come base per la preesistenza (stessa cosa se si considera anche la presenza del supplemento dato dal valore a nuovo), bisogna innanzitutto ricordare quanto stabilito dal c.d. “principio indennitario” (art. 1908 CC): “Nell’accertare il danno non si può attribuire alle cose perite o danneggiate un valore superiore a quello che avevano al tempo del sinistro. Il valore delle cose assicurate può essere tuttavia stabilito al tempo della conclusione del contratto, mediante stima accettata …”.
Si parte quindi dal presupposto che nella polizza in vigore ci dovrebbe essere corrispondenza tra la somma assicurata e l’effettivo valore dei beni assicurati (tranne l’ipotesi della stima accettata perché si prende a riferimento il valore di stima).
Ciò significa che, in linea teorica, non ci si dovrebbe trovare mai nell’ipotesi della sottoassicurazione. Di conseguenza, difficilmente l’entità del danno riuscirebbe a superare la somma assicurata, per cui si avrebbe una penalizzazione solamente nei casi di entità particolarmente elevata perché diversamente, il comportamento liquidativo rispetto a prodotti che ragionano col metodo “classico” sarebbe pressoché lo stesso.
Altra considerazione
Sulle possibili conseguenze occorre necessariamente distinguere l’ipotesi di valore intero da quella del primo rischio assoluto. Difatti, in presenza di somme assicurate a PRA, partendo dal presupposto che l’importo del danno è nella maggior parte dei casi potenzialmente superiore alla somma assicurata a PRA, è quasi certo che non si pagherà mai la somma assicurata in vigenza di franchigie o scoperti.
Pertanto, considerato il significato di questa definizione, pensiamo sia opportuno esprimerla in ogni prodotto, onde evitare inutili contenziosi nel momento in cui il risultato della liquidazione si allontani molto dalle aspettative dell’indennizzato.
Al tempo stesso, pur considerando la necessità delle imprese di assicurazioni di mantenere un buon equilibrio tecnico-economico, ci auguriamo che il metodo di liquidazione da adottare non sia così necessariamente conservativo come in uno dei casi sopra prospettati.