di Luca Gualtieri

Proprio nei giorni in cui il fondatore di Atlas Merchant Capital, Bob Diamond, è a Milano per esplorare le potenzialità di Arca sgr e più in generale del mercato finanziario italiano, le banche azioniste dell’asset manager stanno facendo il punto sul dossier. Tanto più che, dopo l’offerta non vincolante presentata un paio di settimane fa, i vertici di Atlas avrebbero scritto ai soci di Arca per esporre i propri progetti industriali. Finora però, complice la recentissima infornata di conti trimestrali, la missiva sarebbe rimasta senza risposta da parte dei grandi soci e non ci sarebbero stati contatti ufficiali tra la società di investimento americana e le banche azioniste. Anche perché, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, sul dossier non ci sarebbe ancora quella piena unità di intenti necessaria per decidere il da farsi. Se da un lato, dopo l’uscita del Banco Popolare , anche la Popolare di Vicenza e Veneto Banca (azioniste per il 19,99% a testa) sembrano orientate a fare un passo indietro, la Popolare di Sondrio  e soprattutto la Bper (socie rispettivamente al 12,90% e al 19,99%) non hanno intenzione di abbandonare l’asset manager milanese. L’amministratore delegato di Bper, Alessandro Vandelli, è stato molto chiaro in una recente intervista a Class Cnbc: «Noi siamo i primi distributori dei prodotti e dei fondi di Arca che, negli ultimi anni, hanno dimostrato grandissima qualità e di essere uno strumento fondamentale per il risparmio gestito soprattutto delle famiglie e dei piccoli operatori economici», ha spiegato Vandelli. «Noi teniamo molto a questo tipo di presenza nell’azionariato». Del resto il recente riassetto societario dovrebbe portare Bper al 40% del capitale di Arca, facendone in questo modo l’azionista di maggioranza relativa. Alla luce di queste premesse è difficile prevedere se Modena sarà disponibile a fare un passo indietro per lasciare spazio a un nuovo azionista di maggioranza. Specie se si considera che, a detta degli analisti, i margini di crescita dell’asset management in Italia sono ancora consistenti. Per una banca, insomma, potrebbe essere più conveniente conservare una presenza stabile nel capitale di Arca, forse perfino la maggioranza, come del resto previsto dal progetto elaborato nell’estate scorsa tra le popolari azioniste. La strategia sarà comunque definita dalla prossima settimana, quando i soci di Arca dovrebbero incontrarsi a bocce ferme per discutere del dossier e forse procedere anche alla nomina dell’advisor finanziario.

Per ora le offerte non vincolanti sul tavolo sono tre. Atlas ha messo sul tavolo 1 miliardo di euro così ripartito: una parte fissa per 740 milioni (pari a 11 volte l’ebitda 2015 di Arca, stimato in 66-67 milioni) sarebbe versata agli azionisti al momento del closing e una parte variabile fino a 260 milioni, per la quale invece si dovrebbe attendere un periodo di 24 mesi. Anima, invece, ha espresso una valutazione preliminare del 100% di Arca pari a 700-800 milioni, anche se si è dichiarata disponibile a rilevare una quota inferiore che permetta agli attuali azionisti di restare nel capitale. C’è infine l’offerta del fondo di private equity Centerbridge, con sede a Londra, per l’acquisizione del 40%. (riproduzione riservata)