Nel disegno di legge sulla concorrenza “sono state introdotte norme che presentano chiari profili di incompatibilità con il diritto comunitario, che espongono la Repubblica Italiana al concreto rischio di infrazione con le connesse sanzioni previste. Infatti, in assenza di interventi significativi nel testo in esame, appare inevitabile un ricorso alla Commissione Europea”. 

Lo ha detto Aldo Minucci, presidente dell’Ania, durante un’audizione alla Commissione Industria del Senato sul ddl concorrenza, riferendosi  in particolare “all’articolo 3, con il quale si prevede ora uno sconto minimo obbligatorio determinato dall’Ivass correlato all’accettazione delle clausole residue, nonché all’articolo 7 (la cd. tariffa-premio), in base al quale le compagnie sono obbligate ad applicare di fatto premi uniformi a situazioni di rischio territorialmente differenti. Tale ultima norma limita il principio di libertà tariffaria, sancito dalle norme comunitarie, negando il peso della rischiosità specifica del territorio nella costruzione della tariffa, cosa che è assolutamente prevista in tutti i paesi europei”, ha detto. 

Il testo originario del Governo lasciava al cliente la facoltà di decidere se sottoscrivere specifiche clausole contrattuali, ritenendo convenienti e significativi gli sconti a lui praticati dall’impresa.

 

Con l’inserimento dei commi 1 e 2 all’articolo 132-ter del Codice delle Assicurazioni (CAP) si è previsto che lo sconto relativo all’accettazione di alcune clausole non possa essere inferiore a una percentuale determinata dall’IVASS. La percentuale di sconto è aumentata per le regioni a maggiore tasso di sinistrosità. L’impresa di assicurazione deve pubblicare sul proprio sito internet l’entità della riduzione dei premi correlata all’accettazione delle condizioni limitative per il cliente previste dall’articolo 132-ter. Inoltre, in pratica è rimasta solo la clausola della black box, in quanto sono state inspiegabilmente eliminate le clausole delle carrozzerie convenzionate e della rinuncia alla cessione del credito.

 

Secondo Minucci tale disposizione ha una forte connotazione anti-concorrenziale per due motivi: 1) costringe l’Autorità ad entrare nel gioco concorrenziale, che deve riguardare invece solo gli attori del mercato1; 2) può disincentivare le imprese dall’offrire le clausole contrattuali (ossia le black box), in quanto alcune imprese potrebbero trovare non conveniente offrire gli sconti imposti dall’IVASS.

L’Associazione esprime inoltre forti perplessità sotto il profilo della congruità con i principi del diritto comunitario: l’imposizione di sconti obbligatori predefiniti è infatti in aperto conflitto con il principio di libertà tariffaria delle compagnie e viola la normativa europea (cfr. artt. 6, 29 e 30, paragrafi 2 e 3, e 39 della Direttiva 88/357/CEE) e, più in generale, gli articoli 49 e 56 TFUE. Su questi stessi profili si è espressa anche la Corte di Giustizia (Causa C-59/01 Commissione c. Repubblica italiana, EU: C:2003:102 e Causa C-518/06 Commissione delle Comunità europee c. Repubblica italiana, EU:C:2009:270), che ha dichiarato in contrasto con il principio di libertà tariffaria sia un sistema di blocco dei prezzi sia la prescrizione di vincoli alla fissazione dei premi sulla base di criteri prefissati.

 

Per quanto riguarda la questione delle tabelle di valutazione del danno da lesione gravi per incidente stradale, è stata, inoltre, modificata l’originaria disposizione e l’attuale articolo 8 presenta un testo ben lontano dal conseguire l’obiettivo di ridurre le

tariffe r.c. auto.

La finalità della modifica sembra quella di dare valore normativo alle tabelle attualmente applicate dal Tribunale di Milano. Ma lo si fa in modo ambiguo e non chiaro, lasciando spazio a dubbi interpretativi.

In particolare, si prevede l’introduzione della categoria del danno morale, muovendosi in direzione opposta rispetto a quanto sancito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione che aveva stabilito il principio di unitarietà del danno non patrimoniale. In questo modo si corre il rischio di alimentare la proliferazione di ulteriori voci di danno, con il conseguente ricorso a contenziosi, l’allungamento i tempi dei risarcimenti ed l’aumento dei costi.

Inoltre, va chiarito in maniera inequivocabile che il risarcimento di cui all’articolo 8 – che oltre a valori tabellari include la personalizzazione del giudice – sia effettivamente omnicomprensivo di tutte le possibili fattispecie di danno.

Minucci rileva, ovviamente, più elevati sono i risarcimenti, più elevati dovranno essere i prezzi delle polizze. Maggiore è l’incertezza nella determinazione del  danno risarcibile, maggiore sarà il contenzioso, con inevitabile allungamento dei tempi, aumento dei costi e aggravio del sistema giudiziario.

“Rimane comunque per noi incomprensibile che la valutazione risarcitoria offerta alle vittime di incidenti stradali sia enormemente superiore (generalmente più che doppia e per molti punti di invalidità anche tripla) di quella, sia pure di natura indennitaria, prevista dall’INAIL nel caso di infortuni sul lavoro”, ha detto.

In conclusione, se venisse confermato l’impianto del provvedimento approvato in prima lettura è certo che esso, secondo l’Associazione delle Imprese, non favorirà riduzioni nei prezzi dell’r.c. auto.

Minucci ha inoltre sottolineato come, “tenuto conto che i fattori congiunturali che avevano favorito un percorso virtuoso nell’andamento dei prezzi stanno cominciando a manifestare un’inversione di tendenza è prevedibile un aumento del prezzo della copertura obbligatoria rc auto”.

Nel corso del suo intervento Minucci auspica anche, relativamente alla previdenza complementare, “il pieno ripristino della portabilità incondizionata del contributo datoriale in caso di trasferimento della posizione previdenziale” del lavoratore perché la sua soppressione “rappresenta un passo indietro rispetto ad un’innovazione che avrebbe favorito l’equiparazione delle forme di previdenza complementare”. 

Minucci ha spiegato che le disposizioni che poi sono state stravolte alla Camera “rappresentavano un chiaro vantaggio per i lavoratori, che in quanto titolari delle risorse, hanno il diritto di deciderne la destinazione”.