Roberto Mania

N on è stato Matteo Renzi ad aver messo in crisi i corpi intermedi. Ci si sono infilati da soli. Per pigrizia, conservatorismo, corporativismo. L’ultimo faro si è accesso sull’Ania, l’associazione delle aziende assicuratrici, promossa ai tavoli della concertazione quando ancora erano aperti a Palazzo Chigi. L’ad di UnipolSai, Carlo Cimbri, ha annunciato che il suo gruppo (un terzo del mercato danni) se ne andrà dall’Ania. Ha accusato una governace pletorica ma soprattutto una scarsa capacità rappresentativa. Eccola la crisi. Che vale per l’Ania, come per l’agglomerato Rete Imprese Italia, per i sindacati e per la Confindustria. Ci sono soggetti che non si sentono più rappresentati da queste associazioni nate e pensate in un’altra èra: i giovani precari stentano a trovare spazio nelle sedi confederali ma anche i grandi player (vale per UnipolSai come per la Fiat-Chrysler) sanno che possono fare da soli e dunque risparmiano le spese dell’iscrizione. Finora le organizzazioni hanno fatto spallucce e tirato avanti. Ma non andranno molto lontano. Con la politica che ha ripreso il suo primato (qui, sì, c’entra Renzi), l’epoca della supplenza sociale chiude i battenti. E allora per non perdere aderenti bisogna fare i conti con gli iscritti o i potenziali iscritti. Mettersi sul mercato, ripensare il proprio prodotto, la propria offerta. E diventare utili per gli iscritti, non essere una brutta copia della politica.