di Giorgio Ponziano Twitter: @gpoziano 

In Confindustria Guidalberto Guidi si era guadagnato la fama di duro. Era vice-presidente di Antonio D’Amato.

Due anni fa, nonostante il fatturato positivo, niente premio di produzione e anzi la disdetta del contratto aziendale firmato nel 2007. Poi anticipò Marchionne: «Così com’è impostata la nostra industria è inevitabile andare all’estero a fabbricare certi prodotti, perché escono dall’azienda al 30% in meno, lo devono capire anche i sindacati». È stato grande elettore di Berlusconi, tanto da rompere con due presidenti di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo ed Emma Marcegaglia, perché attaccavano il governo del Cavaliere.

Accanto a lui (fino a febbraio), alla guida dell’azienda, la figlia Federica, in passato presidente dei giovani di Confindustria, con assai poco agreement con la presidente dell’associazione degli imprenditori, Emma Marcegaglia, proprio come il padre.

Entrambi hanno sostenuto la linea-Marchionne contro la Fiom e contro l’articolo 18: «Diritti? Alcuni sono inviolabili: il divieto di lavoro minorile, il rispetto della persona, una durata massima dell’orario di lavoro. Tutto il resto, è oggetto di contrattazione. La licenza che si prende chi anticipa le ferie proposte, attaccando tre giorni di malattia è un diritto?».

Poi succede che Federica Guidi arriva al governo Renzi, che, sulla carta, è il meno berlusconiano degli ultimi vent’anni, Va a occupare il ministero dello Sviluppo economico, una pedina importante in un momento di crisi dell’economia. Dà le dimissioni dall’azienda di famiglia ed ecco il padre convertirsi all’embrasson nous con la Fiom e diventare paladino del welfare aziendale. Con la benedizione del ministro. Che fa la famiglia Guidi? Firma un accordo con UnipolSai, compagnia d’assicurazione di area pidiessina, e regala l’assistenza sanitaria privata ai 230 dipendenti. Tutto a carico dell’azienda. Costo: 500 euro a dipendente. È contemplata l’assistenza anche per i membri del nucleo familiare (compresi i conviventi).

«Si prevede», è scritto nel comunicato dell’azienda, «il rimborso dei ticket previsti dal Servizio sanitario nazionale sia per visite specialistiche, sia per accertamenti diagnostici. Oltre a una serie di prestazioni che vanno dai ricoveri alle visite ed accertamenti specialistici, alle cure dentarie, è prevista anche la fruizione di una o due ablazioni gratuite l’anno. L’azienda si farà carico delle spese per la polizza che garantirà il ricovero in strutture convenzionate a seguito di malattia, infortunio e parto, con il pagamento delle spese nei 120 giorni precedenti la degenza e l’assistenza infermieristica».

In assemblea, i lavoratori hanno (ovviamente) approvato all’unanimità, un po’ sorpresi di tanta benevolenza. Commenta Bruno Papignani, segretario regionale Fiom in Emilia-Romagna e braccio destro di Maurizio Landini: «Bene la sanità integrativa ma Guidalberto Guidi rimane un falco e la figlia Federica fa parte di un governo che vuole colpire i lavoratori e privatizzare la sanità».

Federica Guidi, modenese, classe 1969, ha lavorato come analista finanziaria. È entrata nell’azienda di famiglia nel 1996. Da febbraio 2014 è ministro dello Sviluppo economico. È alle prese, insieme al ministro Giuliano Poletti, con la faccenda del Jobs Act: «Se ci sono parti del sindacato – dice – che non sono d’accordo con ciò che stiamo facendo al punto da voler fare lo sciopero generale, pazienza, lo sciopero è un diritto e un modo per manifestare il proprio dissenso. Se non si potrà evitare, ne prenderemo atto e poi continueremo ad avere un dialogo».

Una polemica recente è quella col giornalista Carlo Rossella, che di fronte all’ipotesi che Sergio Marchionne voglia portare la Ferrari negli Stati Uniti, ha lamentato di non avere sentito alcuna preoccupazione da parte del ministro: «Il governo dov’è, cosa pensa? Abbiamo un ministro dell’Industria. Si chiama Federica Guidi, o sbaglio? La signora vada meno dal parrucchiere e sia generosa: pronunci due parole sulla Ferrari, non la licenziano mica».

Intanto però la Ducati-energia diventa mosca cocchiera per le medie-piccole imprese nel campo della sanità. Già in alcune aziende i sindacati incominciano a chiedere l’introduzione dello stesso welfare, col conseguente sviluppo della sanità privata. «Si tratta di una concreta risposta all’attuale situazione – scrivono i sindacati in una nota – per la quale, prendendo come scusante la crisi economica, il sistema sanitario pubblico viene pesantemente messo in discussione per favorirne la privatizzazione».

Tra le aziende che hanno già sottoscritto o stanno sottoscrivendo accordi come quello della Ducati vi sono Fininvest, Sky, Siemens, Anas, DeLonghi, Gucci, Campari, Finmeccanica, Fedrigoni, Luxottica. A firmare l’accordo alla Luxottica è stato, tra gli altri, Paolo Da Lan, sindacalista dell’Uil: «Se chiediamo un aumento di 240 euro l’anno, il cuneo fiscale, cioè la fiscalità a carico del datore di lavoro e del dipendente, si porterà via quasi la metà. Al lavoratore restano poco più di 120 euro l’anno, 10 euro al mese. L’integrazione sanitaria invece è esentasse».

Alla Ducati-energia va l’Oscar del welfare: è l’azienda che più ha allargato la copertura sanitaria (in altri accordi, per esempio, è prevista una compartecipazione del lavoratore per i familiari). L’impresa dei Guidi fattura 120 milioni di euro. Negli ultimi anni ha conquistato importanti commesse da Enel e Poste, inoltre nella compagine sociale è entrata Simest, la società per le imprese controllata dalla Cassa depositi e prestiti. Benvenga la sanità, ma Paolo Giannasi, delegato Fiom della Ducati dice: «Una volta eravamo in 600, con linee di produzione, la maggioranza erano operai. Oggi siamo in 220, di cui 60 sono operai. È stato portato avanti un processo progressivo di delocalizzazione. Se il ministro vuole sviluppare il lavoro in Italia, incominci lei, dalla sua azienda».