di Luisa Leone

Nelle discussioni sulla legge di Stabilità ha fatto il suo ingresso anche il Tagliadebito. Ieri l’ex Finanziaria ha fatto un passo avanti nel cammino parlamentare, con la prima scrematura dei più di 3.700 emendamenti presentati, che ha ridotto il totale a circa 2 mila. Tra questi ce n’è anche uno a firma del capogruppo di Forza Italia, Renato Brunetta, che propone di abbattere drasticamente il debito pubblico tramite la costituzione di un fondo cui conferire asset per 400 miliardi di euro. 
Lo strumento, chiamato «Fondo immobiliare Italia», potrebbe essere sottoscritto da operatori finanziari italiani o esteri e potrebbe anche emettere obbligazioni sul mercato. Con questi mezzi il veicolo acquisterebbe dallo Stato «beni e diritti disponibili e non strategici» per un valore appunto di 400 miliardi. Tramite dell’operazione sarebbe la Cassa Depositi e Prestiti, che sottoscriverebbe un contratto preliminare d’acquisto degli asset, da girare poi al fondo non appena costituito. Insomma uno schema piuttosto simile a quello proposto dall’associazione L’Italia c’è e più volte rilanciato da questo giornale, e che per altro è contenuta anche in una proposta di legge, firmata da una trentina di deputati del Pd, ma che giace ancora in commissione Finanze in attesa di essere esaminata.Insomma, nonostante l’idea riscuota consensi bipartisan, e piaccia anche a molti dentro e fuori Palazzo Chigi, non riesce a concretizzarsi.

Un’altra novità di ieri è un emendamento, anzi due identici (uno a firma di esponenti Ndc e Pd), che prevede di coinvolgere la Cdp nella cessione delle partecipate degli enti locali. La norma, inserendo un articolo 35-bis alla legge di Stabilità, prevede che le amministrazioni locali siano forzate a vendere tutte le partecipazioni che non rientrino in limitati settori, del tutto funzionali ai propri compiti, dall’illuminazione pubblica alla manutenzione delle strade, ai servizi socio-sanitari. Per tutte le altre sarà consentito mantenere o creare società solo se l’amministrazione riuscirà a dimostrare che non è possibile «fare ricorso al mercato». Una decisione che comunque dovrà essere avallata dall’Antitrust, che entro il 31 marzo 2015 dovrà pronunciarsi anche su tutte le richieste di mantenimento delle partecipate attualmente in portafoglio agli enti locali. L’Autorità avrà poi tempo fino a fine 2015 per procedere al censimento e verificare il rispetto degli obblighi di cessione. L’emendamento prevede poi che, sempre entro il 31 dicembre del prossimo anno, le partecipazioni non consentite vengano «dismesse o conferite a Cassa Depositi e Prestiti per l’eventuale valorizzazione o dismissione», con modalità che dovranno essere definite da un apposito decreto del ministero dell’Economia.

 

Bisognerà vedere se l’emendamento, che ha passato ieri la prima scrematura, sarà poi inserito nell’elenco di quelli segnalati dai gruppi, che entro oggi dovranno presentare le loro proposte, per arrivare a ridurre il numero complessivo delle richieste di modifica a circa 500. «Io lo considero un emendamento importante, ma è presto per dire se sarà tra i segnalati», dice a MF-Milano Finanza Giampaolo Galli (Pd), primo firmatario della proposta. Sarà di certo tra i segnalati dal Partito Democratico, invece, l’emendamento pensato per contenere l’inasprimento della tassazione su fondi pensione e rendimento del tfr lasciato in azienda, assicura il capogruppo Pd in commissione Finanze, Marco Causi. La proposta prevede di portare il prelievo sui fondi dall’attuale 11,5 al 15%, invece che al 20% come previsto, e quella sul tfr dall’11 al 14%, invece che al 17%. Non è passato invece l’emendamento che proponeva di applicare alla liquidazione in busta paga la tassazione separata già prevista per la sua erogazione a fine carriera: le coperture indicate non sono infatti state considerate sufficienti. È invece sopravvissuto alla prima scrematura l’emendamento che consentirebbe alle casse previdenziali di mantenere la tassazione all’attuale 20%, invece di aumentarla al 26%. (riproduzione riservata)