di Anna Messia

Slitta ancora, probabilmente di un mese, il nuovo piano industriale di Poste Italiane cui sta lavorando l’amministratore delegato Francesco Caio, arrivato al vertice dell’azienda postale lo scorso maggio. Il piano era stato annunciato inizialmente per l’estate, quando la privatizzazione dell’azienda, con la cessione da parte del ministero dell’Economia del 40% del capitale annunciata dal governo Renzi, sembrava doversi concretizzare rapidamente. 
Ora, a causa anche dell’alta volatilità che caratterizza i mercati in questa fase, la quotazione appare destinata a essere posticipata alla seconda parte del 2015. E per quanto riguarda il piano industriale, già rinviato una prima volta a novembre, una sua definizione appare più probabile a dicembre.

Nel corso di un’audizione alla commissione Industria al Senato, ieri Caio ha dichiarato in particolare che la società si sta preparando alla borsa. «I tempi di quotazione di Poste sono legati alla definizione dell’impianto normativo; lavoriamo per essere pronti a farla e sarà l’azionista a dirci quando», ha detto Caio riferendosi al Tesoro. Mentre prima della presentazione del piano c’è bisogno di definire due aspetti importanti. Il primo riguarda la firme della nuova convenzione con la Cassa Depositi e Prestiti per la distribuzione di buoni e libretti postali. «Stiamo lavorando alla firma di una convenzione che crei un framework stabile pluriennale (con un passaggio da tre a cinque anni, ndr) nell’ottica della privatizzazione, che da una parte dia certezza agli investitori e dall’altra garantisca un rendimento stabile», ha detto ieri l’amministratore delegato. Il secondo aspetto coinvolge invece la ridefinizione del servizio universale, un passaggio fondamentale alla luce del calo dei volumi della corrispondenza. Caio chiede da tempo «un nuovo equilibrio» tra i costi del gruppo, pari a 1 miliardo di euro l’anno, e il contributo dello Stato, che ne copre appena un terzo. La legge di Stabilità ha già previsto qualche correzione, ma non sarebbe abbastanza. L’amministratore delegato di Poste ieri ha anche detto di aver condiviso con l’Agcom un piano di chiusura di 500-600 sportelli sui 13 mila attuali, anche se non si tratterebbe di una manovra immediata da realizzare con un unico intervento. (riproduzione riservata)