di Luca Gualtieri

«In questo momento non so rispondere». Con queste parole ieri il presidente della Fondazione Mps Marcello Clarich ha gelato quanti davano ormai per scontata un’adesione dell’Ente al nuovo aumento di capitale della banca. Le dichiarazioni di Clarich sono arrivate alla vigilia della riunione del consiglio di amministrazione di Rocca Salimbeni, che oggi dovrebbe varare il capital plan dell’istituto, a partire proprio dall’aumento. Le caratteristiche dell’operazione, a partire dall’ammontare e dalla concessione o meno del diritto d’opzione, non sono ancora note, anche se molti analisti si aspettano che la ricapitalizzazione possa colmare integralmente il deficit di capitale da 2,11 miliardi e includere perfino il rimborso della quota residua di Monti bond. Per gli attuali soci della banca l’adesione sarebbe certamente impegnativa, specie alla luce del recente aumento da 5 miliardi chiuso a luglio. In quell’occasione infatti gli azionisti avevano acquistato le nuove azioni al prezzo di 1 euro per poi vederle scendere fino all’attuale valore di 0,65 euro. A titolo di esempio, oggi il 6,5% in mano a Fintech Advisory e Btg Pactual, che hanno finora investito 505 milioni (180 milioni per l’acquisto delle partecipazioni dalla Fondazione e 325 per la sottoscrizione pro quota dell’aumento di capitale da 5 miliardi), vale appena 213 milioni, mentre il 2,5% che la Fondazione ha difeso in sede di ricapitalizzazione con un investimento di 125 milioni viaggia intorno a 82 milioni.

La preoccupazione insomma è giustificata ed è comprensibile che la Fondazione voglia evitare un’adesione incondizionata all’aumento.
Proprio ieri peraltro la deputazione amministratrice si è riunita per nominare l’advisor che assisterà l’Ente nell’analisi del capital plan della banca. Rompendo una tradizione di banche d’affari internazionali, la scelta è caduta sul Credito Fondiario (Fonspa), la società del gruppo Tages guidata da Andrea Munari oggi impegnata anche sul dossier Banca Marche. «Dobbiamo essere molto cauti e fare scelte convenienti sotto il profilo della tutela del patrimonio per evitare gli errori del passato», spiega a MF-Milano Finanza una fonte vicina a Palazzo Sansedoni. Anche se la cautela mostrata ieri da Clarich sembra in contraddizione con il pieno sostegno alla banca annunciato nei giorni precedenti, la mossa potrebbe essere più di forma che di sostanza. Sembra infatti improbabile che i soci pattisti si sottraggano all’aumento di capitale. In caso di mancata adesione infatti il forte effetto diluitivo dell’operazione azzererebbe le partecipazioni, facendo saltare l’alleanza tra Fintech, Btg Pactual e la Fondazione. Verrebbe meno insomma il tentativo di stabilizzare la governance del Monte attorno a un nucleo duro di azionisti che difenda il legame tra Siena e la sua banca. Il passo sarebbe insomma troppo traumatico. Soprattutto se si pensa che la Fondazione ha oggi in cassa oltre 400 milioni di liquidità con cui potrebbe finanziare un’adesione pro quota all’aumento (quantificabile in circa 52 milioni nel caso di un’operazione da 2,11 miliardi).

Più sfumata appare per il momento la posizione dei due soci sudamericani che ancora non hanno espresso una posizione ufficiale. Fonti finanziarie suggeriscono comunque che Fintech e Btg Pactual starebbero valutando con attenzione l’opportunità di aderire con il sostegno di un pool consulenti e legali.

Intanto ieri, alla vigilia del consiglio di amministrazione della banca, il titolo Mps ha guadagnato il 5,3% a 0,65 euro, con 239 milioni di azioni passate di mano (pari al 4,6% del capitale). In serata poi Moody’s ha messo sotto osservazione per downgrade il rating Baa3 dei covered bond dell’istituto alla luce dei risultati degli stress test. (riproduzione riservata)