di Luca Gualtieri

Il piano di irrobustimento patrimoniale c’è, ma sarà davvero in salita per i vertici del Monte dei Paschi. Dopo una settimana di fortissima incertezza, domenica sera la banca senese ha annunciato che il deficit di capitale da 2,11 miliardi calcolato dalla Bce sarà colmato integralmente con un aumento di capitale. Tutte le altre soluzioni abbozzate nei giorni scorsi sono state dunque accantonate a favore di un ricorso al mercato tout court al quale potrebbero aggiungersi cessioni di asset finanziari. Probabilmente perché questo è stato il suggerimento arrivato dalle autorità europee, che avrebbero sbarrato la strada a ipotesi quali la conversione dei Monti bond o l’emissione di titoli subordinati come gli additional tier 1 che, a determinate condizioni, possono essere computati nel capitale primario. In attesa che domani il consiglio di amministrazione della banca formalizzi il capital plan che sarà poi sottoposto alla Bce entro lunedì 10 novembre, ieri il titolo Mps ha tirato il fiato dopo una settimana di ribassi, chiudendo la seduta in rialzo dell’1,48% a 0,61 euro al termine di una giornata molto volatile. Se infatti da un lato il mercato ha apprezzato la trasparenza della banca sulle strategie, dall’altro lato l’esclusione di ipotesi eccessivamente diluitive come la nazionalizzazione è stata letta come una notizia positiva. Per gli analisti di Icbpi, per esempio, la copertura del deficit «attraverso un aumento di capitale sarebbe la migliore soluzione per la banca, anche se manterrebbe sotto pressione la valutazione di mercato del titolo».

Se dunque il giudizio del mercato è stato complessivamente positivo, intorno al nuovo aumento permane un clima di incertezza. 
In primo luogo si tratta di capire quale sarà l’ammontare esatto dell’operazione che qualche analista prevede addirittura intorno a 2,5 miliardi, includendo anche il rimborso dei Monti bond residui. In secondo luogo il mercato si interroga sulle modalità tecniche della ricapitalizzazione. L’ipotesi di un aumento senza diritto di opzione circolata ieri in alcuni ambienti finanziari non ha trovato conferme. Certamente una modalità di questo tipo faciliterebbe l’ingresso di un nuovo socio forte che garantisca alla banca il fabbisogno patrimoniale, ma al momento non si ha notizia di eventuali pretendenti. In aggiunta, l’esclusione del diritto di opzione rischierebbe di contrariare parecchio i soci pattisti della banca (Fondazione Mps, Fintech Advisory e Btg Pactual), che sembrano intenzionati ad aderire all’aumento per non essere eccessivamente diluiti nel capitale della banca. L’operazione potrebbe infatti avere un forte effetto diluitivo come la precedente, se si considera che oggi il Monte capitalizza poco meno di 3,2 miliardi. Oltretutto per i pattisti la sottoscrizione pro quota non sarebbe particolarmente gravosa, permetterebbe di conservare invariata la governance della banca e di mediare il prezzo di carico.

Se insomma il patto sembra pronto a fare la propria parte, ciò non toglie che gli umori al suo interno siano neri. Alla fine della scorsa settimana, per esempio, il 6,5% in mano ai soci sudamericani, che hanno finora investito 505 milioni (180 milioni per l’acquisto delle partecipazioni dalla Fondazione e 325 milioni per la sottoscrizione pro quota dell’aumento di capitale da 5 miliardi), vale appena 217 milioni, mentre il 2,5% che la Fondazione ha difeso in sede di ricapitalizzazione con un investimento di 125 milioni viaggia intorno agli 84 milioni di prezzo di mercato.

 

In aggiunta va detto che il patto non è vincolato da alcun impegno formale ad aderire a un nuovo aumento. L’accordo tra Fintech, Btg Pactual e la Fondazione infatti non copre future ricapitalizzazioni e vincola i pattisti solo per la futura nomina degli amministratori nella prossima assemblea di bilancio. Delucidazioni sugli umori all’interno del patto potrebbero comunque emergere oggi nel corso della riunione della deputazione amministratrice. L’organo di governo della Fondazione dovrebbe anche nominare un advisor finanziario per valutare la strategia più conveniente e la scelta potrebbe cadere su Lazard. Ieri intanto anche Axa, altro azionista di riferimento del Monte al 3,72% e partner industriale nella bancassurance, ha annunciato la propria disponibilità ad aderire all’aumento.

Se insomma, dopo giorni di bufera, la giornata è stata di relativa calma per la banca senese, in serata non è mancato un piccolo giallo. La società di investimento cinese Nit Holdings ha infatti annunciato la disponibilità a investire 10 miliardi di euro ristrutturazione completa del capitale di Mps. L’offerta, indirizzata al cda Mps, sarebbe stata contemporaneamente notificata anche a Bce e Bankitalia, ma alla banca per il momento non risulterebbe nulla. (riproduzione riservata)