di Andrea Di Biase

Il Crédit Agricole si chiama fuori dal risiko bancario che potrebbe aprirsi a breve in Italia alla luce dei risultati dell’asset quality review e degli stress test. Parlando nel corso della conference call sui risultati del terzo trimestre, chiusi con un utile di 758 milioni di euro, in crescita del 4,1% rispetto allo stesso periodo del 2013, e con ricavi saliti del 4% a 4 miliardi, il ceo Jean-Paul Chifflet ha sottolineato che il gruppo francese non ha in programma di acquisire altre banche in Italia. 
Nei giorni scorsi il nome del Crédit Agricole, che in Italia è presente attraverso Cariparma, era stato associato a quello di Carige, in considerazione del fatto che alla banca emiliana guidata da Giampiero Maioli fa capo il controllo di Cr Spezia, contigua territorialmente all’istituto genovese. Uno scenario, quello dell’ingresso di Carige nel gruppo Agricole, che alla luce delle parole di Chifflet non è dunque destinato a concretizzarsi. L’espansione per linee esterne, ha infatti sottolineato il manager transalpino, è una strategia che resta valida per Amundi, che è polo aggregante nel risiko europeo del risparmio gestito, ed «eventualmente nel private banking in modo modesto». La banca francese ha annunciato anche accantonamenti al fondo rischi legali per 65 milioni. Le riserve a copertura di questo tipo di rischi da parte di Crédit Agricole ammontano a 1,1 miliardi. La banca l’estate scorsa aveva indicato di aver trasmesso dei documenti ai regolatori Usa nell’ambito di un’inchiesta su presunte infrazioni della legge Usa sui pagamenti in dollari verso Paesi sottoposti a procedure d’embargo. Chifflet ha tuttavia precisato che la vicenda che coinvolge la banca non è minimamente confrontabile con quella di Bnp Paribas, che è stata costretta a pagare una multa da 6 miliardi. Per quanto riguarda Cariparma Crédit Agricole, il gruppo ha archiviato i nove mesi dell’anno con un risultato netto pari a 114 milioni che è stato condizionato dall’imposta addizionale – definita dal governo ad aprile 2014 – sulla rivalutazione delle quote di partecipazione in Banca d’Italia, pari a 22 milioni. Escludendo tale effetto, si legge in una nota della banca emiliana, il risultato netto si posizionerebbe a 136 milioni (+14%). I dati dei nove mesi mostrano una gestione operativa in miglioramento (+12%), sostenuta dalle commissioni (+9%) e dalla ripresa del margine di interesse (+7%), grazie alle azioni di riduzione del costo della raccolta da clientela e alla nuova produzione di mutui casa (+40%). Il rapporto costi/ricavi si posiziona al 56,2% (-3%), a testimonianza del miglioramento dell’efficienza intrapreso dal gruppo. (riproduzione riservata)