di Luca Gualtieri

Due miliardi e cinquecento milioni. Il Monte dei Paschi risponde con questa potenza di fuoco al diktat della Banca Centrale Europea che, a seguito del comprehensive assessment conclusosi domenica 26 ottobre, aveva calcolato un deficit di capitale da 2,11 miliardi per la banca senese. L’aumento di capitale (per cui è previsto il diritto di opzione) servirà non solo a colmare il gap, ma anche per rimborsare gli 1,07 miliardi di Monti bond ancora in portafoglio in largo anticipo rispetto alla scadenza del 2017. L’operazione, nell’aria ormai da qualche giorno e confermata dall’istituto con una nota diffusa domenica sera, è stata ufficialmente approvata ieri dal consiglio di amministrazione e inclusa nel capital plan. A questo punto il documento dovrà essere presentato a Francoforte entro lunedì 10 per incassare il via libera definitivo anche se, presumibilmente, potrebbe essere inviato già oggi.

Sebbene l’aumento sia stato annunciato a mercati chiusi, ieri l’attesa del mercato ha sostenuto il titolo Mps come già accaduto nelle sedute precedenti. Le azioni hanno infatti guadagnato il 6,31% a 0,69 euro, recuperando terreno rispetto al crollo registrato la scorsa settimana. Se infatti da un lato gli investitori hanno apprezzato la trasparenza della banca sulle strategie, dall’altro l’esclusione di ipotesi eccessivamente diluitive come la nazionalizzazione è stata letta come una notizia positiva. 
Un ulteriore elemento di sicurezza deriva dall’accordo di pre-garanzia stipulato con un pool di primarie banche italiane e internazionali. Ubs (che con Citi è stata advisor della banca nella redazione del capital plan) agirà come global coordinator e joint bookrunner. Citi, Goldman Sachs e Mediobanca saranno co-global coordinators e joint bookrunner, mentre Barclays, Bofa Merrill Lynch, Commerzbank, Deutsche Bank e Société Générale saranno joint bookrunner.

L’aumento, che sarà lanciato nel 2015 dopo l’approvazione del bilancio, è insomma la carta principale giocata dal management del Monte per rispondere alla bocciatura della Bce. Tutte le altre soluzioni abbozzate nei giorni scorsi sono state invece accantonate a favore di un ricorso al mercato tout court. Probabilmente perché questo è stato il suggerimento arrivato dalle autorità europee, che avrebbero sbarrato la strada a ipotesi quali la conversione dei Monti bond o l’emissione di titoli subordinati come gli additional tier 1 che, a determinate condizioni, possono essere computati nel capitale primario.

A questo punto gli occhi sono puntati sui grandi azionisti della banca, che nelle prossime settimane decideranno se aderire o meno all’operazione. I soci pattisti (Fondazione Mps, Fintech Advisory e Btg Pactual) sembrano intenzionati ad aderire per non essere eccessivamente diluiti nel capitale della banca. L’operazione potrebbe infatti avere un forte effetto diluitivo come la precedente, se si considera che oggi il Monte capitalizza poco più di 3,41 miliardi. Ciò non toglie che il passo sia assai impegnativo, specie alla luce del recente aumento da 5 miliardi chiuso a luglio. In quell’occasione infatti gli azionisti avevano acquistato le nuove azioni al prezzo di 1 euro per poi vederle scendere fino all’attuale valore di 0,69 euro. In ogni caso per il momento non ci sono ancora adesioni ufficiali (a parte quella diAxa) e anzi la Fondazione si è affidata all’advisor Fonspa per analizzare il capital plan della banca e valutare le mosse da compiere. Più sfumata appare per il momento la posizione dei due soci sudamericani, che ancora non hanno espresso una posizione ufficiale. Fonti finanziarie suggeriscono comunque che Fintech e Btg Pactual starebbero valutando con attenzione l’opportunità di aderire con il sostegno di un pool consulenti e legali.

Oltre all’aumento, la banca ha messo in scaletta nel capital plan anche misure di capital management, stimate in circa 220 milioni, rappresentate da «cessioni di partecipazioni non core e attivi del portafoglio proprietario ad alto assorbimento patrimoniale, senza impatti significativi sulla redditività prospettica della banca». Sul mercato potrebbero finire società-prodotto come Consum.it (per cui si sarebbero già alcuni pretendenti) o Mps Leasing e Factoring. Rocca Salimbeni ha chiesto inoltre alla Bce la «mitigazione del deficit» di capitale per 390 milioni, valore che rappresenta la «differenza positiva» tra gli utili operativi stimati per il 2014 e i medesimi valori stimati nello scenario avverso dello stress test della Bce. (riproduzione riservata)