Paolo Possamai

D ove vanno le Generali in cerca di nuovi profitti il leader lo ha voluto visualizzare. Mario Greco, all’investor day convocato a Londra la settimana scorsa, ha voluto accanto a sé i responsabili della Compagnia per la Germania, la Francia e i Paesi dell’Est Europa. Da questi countries, Greco promette agli azionisti di trarre maggiore efficienza e dunque redditività aggiuntiva rispetto ai 4,1 miliardi di risultato operativo maturato nel 2013 e atteso per il 2014 alla soglia di 4,7 miliardi secondo il consensusdegli analisti (2,89 miliardi nel ramo vita e 1,94 miliardi ramo danni). Da qui in primispassa lo sviluppo. Ma alla crescita degli utili dovrà dare un contributo pesante pure la leva dei costi, posto che a Londra è stato ribadito il target di risparmi per 750 milioni nel 2015 e un miliardo l’anno appresso (raddoppiando rispetto al dato 2014). E in termini di strumenti, particolare enfasi è stata posta sul canale di vendita diretta e sulla digitalizzazione. La strategia di crescita è nuova e, a un tempo, pienamente inserita nella storia di Generali, nata nel 1831 a Trieste, quand’era il maggior porto dell’impero asburgico, e dall’anno seguente presente con proprie sedi a Vienna, Praga, Budapest, Milano, Venezia, Marsiglia, Bordeaux. Non dai risultati del Vietnam o dell’America Latina, quanto meno nel medio periodo, potranno essere soddisfatti gli investitori, ma piuttosto da un allineamento delle perfomances di Germania, Francia, Est Europa all’exploit dell’Italia.

Italia prima della classe. Vero che ogni paese ha caratteristiche proprie, differenti abitudini dei consumatori, diversi tassi di interesse. Ma balza all’occhio che l’Italia pesi per il 42% del risultato operativo (avendo il 30% del totale dei premi), mentre la Germania vale il 14% (ma in termini di premi la percentuale è pressoché al doppio), la Francia il 12% (i premi sono tra il 16 e il 19% negli ultimi anni). Un caso a sé consiste nei Paesi dell’Est Europa, che costituiscono appena il 6% della raccolta totale e però l’11% in termini di redditività. Su tale versante Generali è tornata in forze dal 2007 tramite la joint venture con Ppf, di cui rileverà entro la fine dell’anno la totalità delle quote con un versamento a saldo di 1,3 miliardi di euro. In una manciata d’anni, la Nuova Europa è diventata il quarto mercato per il gruppo di Trieste con 3,5 miliardi di premi, 11 milioni di clienti, mentre all’88% è attestato l’indice combined ratio. Ma a rileggere la storia, Ungheria e Cecoslovacchia, Germania dell’Est e Jugoslavia, Romania e Bulgaria rientrano a pieno titolo nei mercati domestici di Generali fin dai suoi primordi e solo gli esiti nefasti per l’Italia del secondo conflitto mondiale e le nazionalizzazioni dei regimi comunisti avevano cancellato le insegne del Leone a quelle latitudini. In qualche modo, la rapidità della ripresa del business ha a che fare con la profondità delle radici e con una leadership secolare della Compagnia. “Adesso dobbiamo crescere di più in Polonia” è il target principale secondo Luciano Cirinà, top manager per l’area Cee. Dell’Italia, presentando la semestrale nel luglio scorso, Greco ha detto semplicemente “stiamo facendo un capolavoro”. Il riferimento era al grande cantiere di fusione di 5 diverse compagnie, alla riduzione dei marchi da 10 a 3, al recupero di quote di mercato in atto (+20% nel ramo Vita). E al benchmark dell’Italia – affidata alle cure del ceo Philip Donnet – devono dunque tendere gli altri paesi. In particolare, è attesa a una svolta la Francia. E non per nulla Eric Lombard, direttore generale di Generali France, sostiene che “ci troviamo di nuovo in una dinamica di conquista”. Difatti, dopo che tra 2009 e 2013 la compagnia del Leone ha perso 5 miliardi di premi, quest’anno invertirà la tendenza e “l’obiettivo è adesso di crescere in un mercato francese che non cresce”. Secondo Lombard, “la priorità è di ridurre il tasso di rescissione dei contratti”, che è più elevato della media in primisper una questione di tariffe. In Germania, dove il Leone è numero due a casa di Allianz e dove a tenere il timone è Dieter Meister, la chiave di volta dello sviluppo sta dentro il processo di digitalizzazione delle polizze (che non è sfida da poco conto, dato il ruolo che nei consumi online stanno avendo competitors nuovi come Google o Amazon). Prossimo appuntamento il 27 maggio a Londra con il nuovo piano industriale, poiché – per dirla con le parole di Greco – “con disciplina, semplicità e focus” sono stati centrati con un anno di anticipo obiettivi fissati per il 2015 “che molti ritenevano impossibili e visionari”. Vale a dire un Roe operativo al 13%, un indice Solvency I superiore al 160%, la generazione di 2 miliardi di free surplus capital, il piano del taglio ai costi. Di qui viene l’abbandono del vincolo a non distribuire un monte dividendi superiore al 40% dell’utile netto. Il Ceo insiste spesso sul tema della “semplificazione”: in questo caso intende dire che, sfrondando l’albero di Generali da tanti rami di partecipazioni non strategiche (vendite che hanno fruttato 3,7 miliardi), è emerso con nettezza il core business e quali sono gli obiettivi cui dedicare gli investimenti e da cui attendere remunerazione. Qui viene in causa il focus sull’Europa, sapendo che – per affermare in posizioni di leadership Generali in aree vaste e complesse come per esempio il Far East – occorrerebbe una massa di investimenti incompatibile con la natura della Compagnia (e un arco temporale assai ampio). Non ne deriva, ovviamente, alcun disimpegno rispetto ai mercati lontani ma la consapevolezza che il loro peso relativo è e resterà contenuto. Qui sopra, Mario Greco, ceo di Assicurazioni Generali Un contributo all’efficienza del gruppo verrà dai paesi esteri