È stato uno shock per il mondo della previdenza integrativa, che finora era rimasto al riparo da qualsiasi intervento. Nel giro di pochi giorni i fondi pensione hanno dovuto fronteggiare un duplice attacco. Primo, quello legato alla possibilità di trasferire il Tfr in busta paga, che rischia di togliere loro risorse preziose. 
Secondo attacco: l’intervento sulla tassazione dei rendimenti. E tra i due è quest’ultimo a destare le maggiori preoccupazioni. Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha puntato i piedi: il provvedimento che alza dall’11,5 al 20% la tassazione sui rendimenti dei fondi pensione non si tocca perché l’aliquota resta comunque inferiore rispetto al 26% delle altre rendite finanziarie. «Il punto è proprio questo», afferma Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza, «i fondi pensione non sono un prodotto finanziario, ma rappresentano un servizio previdenziale perché servono a integrare gli insufficienti tassi di sostituzione garantiti dalla previdenza di base». Per Corbello si tratta di un approccio punitivo e distruttivo nei confronti del comparto previdenziale e in particolare della previdenza complementare. «L’ipotesi di tassare al 20% il maturato del fondo pensione significa trattarlo peggio di un prodotto finanziario, per il quale è prevista l’aliquota del 26% sul realizzato, e questa è una follia, perché depaupera pesantemente la capacità di accumulo dei fondi, con gravi riflessi riduttivi sulle prestazioni in futuro erogate agli iscritti e una ridotta possibilità di assolvere al ruolo di investitori istituzionali». Senza dimenticare che in molti altri Paesi i rendimenti dei fondi pensione sono fiscalmente esenti. «In tutti gli Stati Ue, nel Regno Unito e in Svizzera c’è una costante cura a favorire e proteggere la nascita e lo sviluppo di fondi pensione», spiega Corbello. Lo schema tributario generale che vige in Europa si sintetizza nell’acronimo Eet: esenzione fiscale per una ragionevole misura di contributi annui; esenzione totale da prelievo tributario dei rendimenti; tassazione delle prestazioni in capo al singolo. In Italia vige invece un sistema di tipo Ett che prevede: esenzione dei contributi (fino a poco più di 5.000 euro per anno); tassazione agevolata dei rendimenti, (in passato 11%, ora 11,5% sul maturato); tassazione di favore delle prestazioni, con riconoscimento di un credito di imposta per le tasse già pagate sui rendimenti. «Va ancora rilevato come una deroga così pesante, con l’aliquota del 20% sul maturato, al modello europeo Eet rappresenta un grave ostacolo alla portabilità delle posizioni individuali pensionistiche complementari dei lavoratori italiani e conseguentemente alla libera circolazione dei lavoratori italiani all’interno della Ue. Trasferendo infatti la posizione individuale da un fondo italiano a uno europeo, il lavoratore italiano perderebbe tutti i crediti di imposta maturati e sarebbe tassato in toto all’atto di fruire delle prestazioni», avverte il presidente di Assoprevidenza. Che in vista di una sempre minore partecipazione dello Stato alla spesa sociale e col rischio quindi di lasciare senza copertura una parte dei bisogni dei cittadini, ha elaborato un modello di welfare integrato sulla base di dati e costi reali. La proposta prevede che con un contributo di 200 euro l’anno per ciascun lavoratore (che si ridurrebbero a 140 per un pensionato), da versare per tutta la vita, si potrebbero erogare: pensione complementare, assistenza sanitaria integrativa, sostegno al reddito in caso di disoccupazione, un assegno da 900 euro al mese in caso di non autosufficienza durante il periodo lavorativo, contributi per asilo nido e per lo studio dei figli. Per coprire anche la non autosufficienza da pensionato la prestazione sarebbe più onerosa; occorrerebbe aggiungere da un minimo di 370 euro l’anno (per chi comincia a versare a 25 anni) a un massimo di 630 euro (per chi inizia i versamenti a 40 anni) per tutta la vita lavorativa. Questo costo potrebbe però essere coperto, secondo gli esperti di Assoprevidenza, destinandovi una quota del montante pensionistico. Si potrebbe sfruttare a questo scopo la possibilità concessa dai fondi pensione agli iscritti di un’anticipazione del 30% del capitale accumulato. Questo progetto si basa sulla contrattazione a livello aziendale o territoriale grazie alla quale il versamento del lavoratore potrebbe essere a carico, tutto o in parte, del datore di lavoro. Assoprevidenza sostiene da tempo che occorre definire per l’Italia un nuovo modello di welfare realizzando sinergie a valore aggiunto tra fondi pensione, fondi sanitari e istituzioni pubbliche.