In Italia l’uso dell’amianto è stato bandito nel 1992, ma “la questione amianto” è ancora attuale, non solo in ragione del grande utilizzo che se ne è fatto, ma soprattutto per la lunga latenza delle malattie asbesto-correlate e per la presenza del materiale anche in situazioni meno prevedibili di vita e di lavoro.

L’Inail ha condotto un’analisi statistico- attuariale rivolta ai titolari di rendite d’inabilità permanente per patologie asbesto-correlate.

Lo studio ha trattato distintamente i soggetti affetti da neoplasie da asbesto e quelli affetti da asbestosi poiché entrambe le patologie sono ingravescenti, ma generano postumi di diversa gravità e presentano decorsi più o meno rapidi.

Lo studio della variazione del grado d’inabilità ha confermato l’ingravescenza delle patologie: nel primo quinquennio di manifestazione delle neoplasie il grado di inabilità cresce mediamente del 5% (il grado medio alla contrazione della patologia è del 75%) e nei casi di asbestosi di circa il 25% (il grado medio

è pari al 33%).

Già nel primo anno di manifestazione delle neoplasie il 15% dei tecnopatici decede a causa della patologia e un ulteriore 39% muore l’anno successivo, dopo dieci anni solo il 5% sopravvive. Anche gli affetti da asbestosi mostrano una frequenza di morte elevata, ma mediamente inferiore del 60% rispetto ai casi di neoplasie.

Confrontando i tassi grezzi di mortalità dei titolari di rendita di pari età e grado, i tassi per neoplasie, nei primi sette anni di contrazione della malattia, sono mediamente il doppio di quelli da silicosi (di cui le patologie asbesto correlate fanno parte), e circa il quintuplo di quelli dei titolari di rendita Inail nel complesso; per i casi di asbestosi, invece, i tassi grezzi di mortalità superano mediamente di circa tre volte quelli dei silicotici e di sette volte quelli degli inabili al lavoro.

Fonte: INAIL