di Manuel Follis

Domenico Siniscalco si è dimesso da presidente di Assogestioni «per il potenziale conflitto di interessi che potrebbe nascere tra il suo ruolo di presidente dell’associazione e il suo ruolo ricoperto in una banca di investimento internazionale». La banca in questione è Morgan Stanley, leader nel collocamento del convertendo da 1,3 miliardi e che sta anche gestendo le dismissioni di Telecom Italia.

Nella nota Assogestioni specifica che «si tratta puramente di motivi di opportunità» in quanto «i presidi di indipendenza che l’associazione ha definito circa il comitato dei gestori e che hanno sempre funzionato assicurano che il presidente non abbia alcun ruolo nelle vicende assembleari delle società quotate». Tuttavia, prosegue il comunicato, «in una vicenda delicata e complessa come quella che riguarda la prossima assemblea di Telecom Italia occorre procedere senza sospetti di ogni genere». Ecco perché la decisione di lasciare «ha effetto immediato». L’incarico sarà affidato ad interim al vicepresidente più anziano, ovvero Giordano Lombardo, che dovrebbe restare in carica fino alla prossima assemblea prevista per marzo, a meno che l’associazione non decida di convocare prima un’assemblea per nominare un nuovo presidente.

Le dimissioni di Siniscalco testimoniano l’elevato grado di tensione presente attorno a Telecom in vista dell’assemblea del 20 dicembre, convocata dalla Findim di Marco Fossati per chiedere la revoca del cda, appuntamento nel quale i fondi azionisti giocheranno un ruolo importante. I piccoli azionisti della società riuniti nell’associazione Asati hanno chiesto al cda di Telecom (in una lettera indirizzata anche a Consob e ad altre authority argentine e brasiliane nonché alla Sec americana) di portare in assemblea anche l’eventuale vendita della partecipata Telecom Argentina minacciando, in caso contrario, un’azione di responsabilità verso gli attuali amministratori della compagnia.

Nel frattempo proseguono i movimenti della politica attorno alla società. Ieri il viceministro allo Sviluppo Economico, Antonio Catricalà, ha spiegato che lo scorporo della rete è un’idea ancora necessaria e va fatto. «Non parlo di scorporo proprietario, non mi piacciono gli espropri, ma il governo non ha abbandonato l’idea». Sulla nuova opa invece Catricalà continua a essere scettico («il momento per fare una riforma è sbagliato») ma sottolinea che «il Parlamento è sovrano». Parlamento che, come spiegato nei giorni scorsi, si è accorto della freddezza del governo sul fronte opa e ha inserito un emendamento alla legge di Stabilità che ripropone l’obbligo di opa in caso di controllo di fatto anche con quote inferiori al 30% di una società. L’emendamento questa volta non verrà ritirato e anzi contiene due commi (1-sexies e 1-septies) che ne garantiscono l’ammissibilità all’interno della legge di Stabilità. Quest’ultima dovrà assolutamente essere approvata entro la fine del 2013; l’iter è affidato al viceministro dell’Economia, Stefano Fassina, favorevole al provvedimento. Tali aspetti portano a pensare che l’approvazione al Senato della nuova opa abbia buone possibilità di verificarsi. (riproduzione riservata)