di Luisa Leone

Non sarà tutta Sace a finire sul mercato. Il progetto per la privatizzazione della società guidata da Alessandro Castellano prevederebbe la cessione solo di una parte del gruppo, in particolare quella che riunisce le attività svolte con garanzia dello Stato, che sono la grande maggioranza, circa il 60% del totale, mentre rimarrebbero in pancia a Cassa Depositi e Prestiti le controllate Sace Bt e Sace Factoring che invece operano a mercato senza garanzie pubbliche.

La parte preponderante di Sace quindi potrebbe essere ceduta completamente, al 100%, senza mantenere una quota di minoranza. Dunque le dichiarazioni fatte ieri dal ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, relative all’intenzione di cedere il 60% di Sace, non sarebbero da intendere come la cessione di un pacchetto del 60% di Sace spa, ma del 60% delle attività del gruppo. Perché si faccia maggiore chiarezza in merito bisognerà aspettare ancora qualche giorno, ma pare che Cdp sia già stata sondata da potenziali investitori interessati a queste attività, che sono essenzialmente quelle legate al sostegno all’export (credito all’esportazione, garanzie finanziarie, ecc). Insomma la cessione a operatori specializzati del settore sembrerebbe al momento la strada più probabile, anche se non sarebbe ancora stata presa una decisione definitiva sulle modalità per la valorizzazione dell’asset, per il quale non si potrebbe escludere neanche un’ipo, magari solo per una fetta del capitale.

Modelli misti di questo tipo d’altronde sono già presenti in Europa, come nel caso della tedesca Euler Hermes il cui azionista di riferimento è Allianz (68%) ma che tratta in borsa con un flottante del 30%. Più in generale, come sottolineato anche nel comunicato diffuso dopo il Consiglio dei ministri di ieri, «Non esistono in Europa gruppi assicurativi di crediti alle imprese che siano prevalentemente pubblici». A parte il caso tedesco, infatti, anche l’olandese Atradius o la francese Coface sono in mano a privati. Per Sace in passato si era parlato di Generali come possibile partner, ma il gruppo triestino oggi è impegnato in un piano di dismissioni da 4 miliardi ed è difficile immaginare che possa muovere su Sace. A ogni modo non v’è dubbio che il gruppo si appetibile, basta ricordare che dal 2004, con l’arrivo di Castellano, ha generato 3,6 miliardi di utili, di cui 2,5 miliardi girati come dividendi allo Stato, e che opera per lo più con aziende esportatrici e in Paesi Emergenti. (riproduzione riservata)