di Anna Messia 

Fondi comuni, polizze Vita e Btp oppure un po’ di investimenti immobiliari? No grazie, meglio il vecchio materasso. Sarà perché i risparmi si assottigliano o per il timore che la crisi durerà ancora a lungo, fatto sta che due italiani su tre preferiscono mantenere liquidi i propri risparmi.

Si è spenta anche la passione per il mattone, che dopo anni di fuoco (nel 2006 era l’investimento preferito dal 70% degli italiani) ora è stato relegato nei posti bassi della classifica (al 29%). Non solo; come emerso dall’ultimo sondaggio annuale realizzato dall’Acri in collaborazione con Ipsos, giunto ormai alla tredicesima edizione, chi ha il coraggio di investire lo fa solo con una parte limitata dei propri risparmi. Numeri alla mano, il 65% degli italiani preferisce insomma tenere il denaro liquido, se non nel materasso, al massimo in un conto corrente. Si tratta di un trend in crescita rispetto agli anni passati, considerando che nel 2011, sempre secondo l’indagine Acri-Ipsos, la percentuale di chi preferiva tenere in liquidità i risparmi era del 49%. Il crack Lehman, il caso Madoff e la crisi sui debiti sovrani hanno spinto gli italiani a rifuggire sempre più dai prodotti finanziari? Probabilmente c’è anche questa componete da tenere in considerazione per analizzare il fenomeno e la fiducia sembra ben lontana dal tornare. Alla domanda di Ipsos su «quale sia il modo migliore di investire i propri risparmi, alla luce della situazione economica attuale?», il 32% ha risposto: semplicemente nessuno.

Di questi, il 19% preferisce tenerli appunto liquidi e il 4% ritiene che sia meglio spendere tutto (il 9% restante non si pronuncia). Insomma, la scelta di non comprare strumenti finanziari non sembra solo riguardare le preferenze passate ma condiziona pesantemente anche le intenzioni d’investimento future. Altrettanto evidente appare poi la componente di diffidenza che invece di ridursi dopo l’entrata in vigore della Mifid (la direttiva europea sugli investimenti) sembra aumentare anno dopo anno.

 

Addirittura il 72% degli italiani intervistati da Ipsos è convinto che le leggi e i controlli che tutelano il risparmio in Italia non siano efficaci. È il dato più alto dal 2005, quando la percentuale si attestava al 66%. Una diffidenza mista a vero e proprio sconforto, visto che il 68% degli italiani è convinto che nei prossimi cinque anni il risparmiatore sarà ancora meno tutelato. E a questi si aggiunge un altro 14% che pensa che tutto resterà com’è adesso. Nel 2013, sempre secondo il sondaggio Ipsos, la diffidenza ha riguardato più di tutti i fondi comuni (l’85% degli intervistati ritiene inefficaci le tutele su questi prodotti), seguiti dalle polizze assicurative e dai fondi pensione (81%) e dai libretti di risparmio (74%). Il dato è sensibilmente più alto rispetto all’anno scorso, quando la percentuale di intervistati che riteneva non sufficienti le tutele su questi prodotti di risparmio gestito si attestava al 57%.

La tendenza appare però contraddirsi nei fatti, visto che, stando alle stesse rilevazioni di Ipsos, i possessori di fondi comuni nel 2013 sono un po’ aumentati (al 12%), così come la quota di italiani che si dice pronta a investire in futuro in questi strumenti, che è salita dal 3% dell’anno scorso al 4% di quest’anno. Stupisce poi osservare che gli italiani si sentono più sicuri, dal punto di vista della regolamentazione e dei controlli, a sottoscrivere azioni rispetto ai fondi comuni, che pure in questi anni non sono mai stati intaccati da scandali finanziari. Fatto sta che l’esigenza maggiore degli italiani, in questo momento difficile in cui più di una famiglia su quattro è stata direttamente colpita dalla crisi (perché un familiare ha perso il posto di lavoro o ha subito un taglio della retribuzione) è la ricerca di sicurezza. I pochi che decidono di investire i risparmi mettono in cima alle proprie esigenze proprio il bisogno di certezza. Tanto che è salita al massimo storico del 34% la percentuale di coloro che reputano che l’attuale sia il momento di investire negli strumenti più sicuri. E trovano le loro risposte, in particolare, in strumenti di risparmio postale, obbligazioni e titoli di Stato. Per tutti coloro che non si fidano neppure di questi ultimi prodotti non resta che il conto corrente. Oppure, dopo i prelievi forzosi dal conto corrente che hanno caratterizzato il caso Cipro, meglio addirittura tenere le banconote portata di mano. (riproduzione riservata)