di Manuel Follis

 

O dicembre si rivelerà un mese spettacolare per vendite e margini, tale da spingere in maniera decisa ricavi e utili delle aziende, oppure il 2013 sarà ricordato come l’anno della ripresa che doveva esserci ma che alla fine non c’è stata. Il quadro generale dei risultati dei nove mesi delle aziende quotate e Piazza Affari, al di là di aggiustamenti e sfumature, è eloquente e racconta che i principali dati economici delle società hanno imboccato la via del ribasso.

Il dato complessivo (che tiene in considerazione i risultati dei nove mesi di circa la metà delle 220 società del listino milanese, ma quasi tutte le 40 appartenenti al Ftse Mib) registra un fatturato complessivo che si è attestato a 415 miliardi contro 432 del 2012, con un calo del 3,9%. Stessa tendenza per ebitda; il dato cumulato vede i margini lordi scendere da 78,1 a 70.4 miliardi, con un calo del 9,9% nel giro di un anno. Anche il risultato operativo netto è in flessione, mentre il dato che potrebbe apparire per certi versi più preoccupante è quello dell’utile netto, che complessivamente nel 2013 finora è sceso da 18,1 a 14,3 miliardi, con un calo del 21% circa. Attenzione però: gran parte di questo dato è influenzato dai conti dei nove mesi di Telecom Italia, sui quali a loro volta ha pesato la svalutazione dell’avviamento.

A settembre il gruppo guidato da Marco Patuano ha registrato una perdita di 902 milioni contro l’utile di 1,9 miliardi dello stesso periodo del 2012, ma la maxi-svalutazione dell’avviamento attribuito al business in Italia effettuata nei primi sei mesi dell’anno è stata di 2,2 miliardi. Al netto di tale rettifica il risultato sarebbe stato positivo per 1,3 miliardi e in definitiva il risultato netto complessivo dei gruppi industriali italiani quotati sarebbe in calo ma soltanto dell’8,8%.

Al netto di Telecom lo scenario per i gruppi industriali è caratterizzato da un calo generalizzato, che si differenzia rispetto al passato, quando spesso a fronte di una diminuzione del fatturato i margini risultavano in crescita per effetto dei tagli di costi e delle numerose operazioni di razionalizzazione e ristrutturazione state avviate dalle società. L’unica voce che migliora (se si esclude il forte incremento di Enel) è il debito, il cui stock complessivo passa a 209 miliardi da 212 del 2012, con un decremento dell’1,4%. Un andamento del quale è difficile dare una spiegazione precisa e che probabilmente deriva dal combinato disposto di due fattori: da una parte il pressing delle banche per rientrare dei crediti, dall’altra la volontà delle aziende di utilizzare il poco cash a disposizione per andare a tagliare l’esposizione finanziaria (e i relativi oneri).

Sul fronte dei ricavi, sono solo cinque le società del Ftse Mib che hanno chiuso i nove mesi con un progresso di un certo spessore: Atlantia, Enel Green Power,Luxottica (che nel terzo trimestre ha raggiunto un nuovo record di free cash flow a 295 milioni), Parmalat e Salvatore Ferragamo. Altre invece hanno incrementato il fatturato in misura trascurabile, come Cnh Industrial, Fiat, Gtech (la ex Lottomatica),Impregilo, Pirelli (su cui ha pesato l’effetto cambi) e Snam. Ci sono casi come quello di Eni, che ha registrato risultati migliori rispetto alle attese degli analisti, ma restano incertezze legate al taglio delle stime sulla produzione di idrocarburi e alla debole la generazione di cassa. Ancora peggio ha fatto Fiat, che ha lanciato un allarme sul 2013 tanto che dopo l’ultima trimestrale la maggior parte degli analisti ha rivisto giudizi e target price. Ci sono poi casi di società che hanno chiuso il periodo in lieve flessione rispetto ai nove mesi dell’anno scorso, come Prysmian, le cui prospettive sono però rosee anche alla luce dei grandi investimenti in cavi a livello europeo messi in cantiere Vodafone (che al proposito ha annunciato un piano miliardario). Il maggior incremento a livello di fatturato è stato quello evidenziato daAcotel, che ha portato il valore della produzione da 72,8 a 90 milioni, mentre le più ampie flessioni sono state registrate da Brioschi e Olidata, che hanno segnalato una flessione dei ricavi superiore al 50%.

Sul fronte degli utili spesso sono stati fattori straordinari a generare performance notevoli. Per esempio, sul risultato netto di Exor (schizzato da 217 milioni a 1,7 miliardi) ha influito in maniera determinante la cessione di Sgs, mentre i profitti diCairo Communications (passati da 13,3 a 60,9 milioni) sono stati influenzati dalla «dote» concessa da Telecom Italia nell’ambito dell’operazione che ha portato Urbano Cairo a prendere il controllo di La7. Molte società nel periodo sono riuscite a raddoppiare gli utili, come Ascopiave, BasicNet, Cementir ed Hera. Il risultato complessivo dell’utile netto è influenzato dal settore energetico, che pur a fronte di performance positive ha mostrato tutti i big del comparto in contrazione. Acea è passata da 56 a 104 milioni di utili ed è stata promossa dagli analisti che valutano uno scenario più favorevole per il business idrico e un minor costo medio ponderato del capitale. Ma anche Acsm-Agam e le già citate Enel Green Power ed Herahanno fatto bene nel trimestre. Risultati che non sono riusciti a bilanciare però il ribasso di pesi massimi come A2A, Enel, Erg, Saipem e soprattutto Eni; gli utili del Cane a sei zampe sono scesi solo dell’8% ma a livello di volumi i 500 milioni in meno incidono molto.

 

Passando ai comparti finanziari, un settore che sembra aver retto l’ondata generalizzata di ribassi è quello assicurativo, che nel complesso nei nove mesi ha registrato un fatturato in crescita, h ridotto le perdite a livello di ebitda e ha incrementato gli utili del 60% a fronte di un indebitamento leggermente in aumento ma rimasto sostanzialmente ai livelli dei nove mesi del 2012. I ricavi del comparto assicurativo sono passati da 81,8 a 85,1 miliardi, con una crescita del 3,97%, mentre il rosso a livello di ebitda è sceso da 10 a 6,8 miliardi di euro, con un miglioramento del 31%. Gli utili del settore invece sono passati da1,6 a 2,5 miliardi a fronte di un indebitamento cresciuto, seppur di poco (592 miliardi contro 585 del gennaio-settembre 2012). Tra le singole società il balzo maggiore sul fronte del fatturato è quello di Unipol che, al netto del gruppo Premafin-FonSai, è salito del 67% (da 7,3 a 12,3 miliardi), mentre Generali è rimasta sui livelli dello scorso anno. Il discorso si ribalta se si vanno a confrontare gli utili, visto che il gruppo assicurativo triestino ha chiuso i nove mesi con una crescita del 40% a 1,5 miliardi, mentre Unipol ha visto il risultato netto scendere da 199 a 107 milioni di euro.

Tra le società finanziarie, Azimut ha retto sul fronte delle entrate e degli attivi, ma è calata a livello di utili, mentre l’italo-svizzera BB Biotech ha fatto un balzo in tutte le voci del conto economico (utili passati da 410 a 680 milioni). Periodo positivo perDeA Capital, che ha visto crescere i ricavi del 9% e ha quasi del tutto colmato la perdita netta, passata nei nove mesi da -18 a -1,3 milioni. Nel complesso anche le finanziarie quotate, come le assicurazioni, hanno registrato performance positive di fatturato e utili, ma tutto il macro-comparto della finanza è stato zavorrato nei nove mesi dai risultati degli istituti di credito (si veda il box a pagina 22). (riproduzione riservata)