di Franco Adriano e Emilio Gioventù  

 

Quello del ministro Annamaria Cancellieri, chiamata in causa sulla scarcerazione di Giulia Ligresti, è ufficialmente una patata bollente per il governo di Enrico Letta. Leggere per credere. «Il ministro riferisca in aula (la prossima settimana) e poi, a seguito di quanto dirà, ciascun partito farà le sue valutazioni, il Pd farà le sue».

Queste parole sono di un pezzo da novanta del Pd, ovvero Danilo Leva, responsabile Giustizia. Leva dice «no a strumentalizzazioni» ma chiede «chiarezza in tempi rapidi» per «fugare ogni dubbio che in Italia vi siano detenuti di seria A e di serie B».

Se il Pd chiede chiarezza, il Movimento 5 Stelle va oltre di andare oltre e si dice pronto a presentare una mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro della Giustizia. «Mentre migliaia di persone soffrono per le condizioni carcerarie», scrive su Facebook il capogruppo M5S a Montecitorio, Alessio Villarosa Facebook, «lei si preoccupa della figlia di Ligresti, titolare della società ex datrice di lavoro del figlio. Buonuscita 3,6 mln di euro. Con questo atto, dovuto al cospetto di azioni svolte interamente in ambito privato e informale da parte del Guardasigilli intendiamo non solo mettere il ministro di fronte alle proprie responsabilità ma anche ricevere tutte le informazioni rispetto alla rete che, alla sua richiesta di attivazione, ha tradotto i suoi desideri in azioni».

Al fianco di Cancellieri si schiera il Pdl, «Il ministro Cancellieri non può certo essere criminalizzata per una telefonata da giustizialisti a corrente alternata che continuano a far danni di ogni tipo. Il ministro non può essere attaccata perché si è preoccupata per una persona che in carcere rischiava la vita per anoressia». Lo afferma Fabrizio Cicchitto del Pdl. «Questa preoccupazione è stata espressa in forme di estrema correttezza. Da un lato un magistrato come il dottor Caselli che a Torino svolge un ruolo assai importante ha affermato che non c’è stata pressione di alcun tipo e che tutto si è svolto in modo regolare come avviene in tutti i casi dello stesso tipo. È evidente la strumentalità anti-governativa di certi titoli di giornale e di alcuni interventi parlamentari. D’altra parte sul terreno parlamentare fa fede quello che ha dichiarato il Presidente della Commissione Speciale sui diritti umani al Senato, Luigi Manconi, personalità assai sensibile per i diritti dei carcerati sia che essi si chiamino Ligresti sia che si chiamino Rossi o che abbiano il nome di un immigrato». «Sono pronta a riferire in Parlamento, ove richiesta, per poter dare ogni chiarimento che si rendesse necessario», così si è espressa giovedì il ministro della Giustizia Cancellieri in una la lettera ai capigruppo di Camera e Senato sulla vicenda carceraria di Giulia Ligresti.

 

Cancellieri, dubbi dei pm sul figlio

Piergiorgio Peluso, ex dg di Fonsai, sotto la lente dei pm di Torino i quali disponendo l’intercettazione del suo cellulare si chiedono se sia stato «il promotore di quella che è stata una vera e propria «pulizia di bilancio» oppure abbia agito «con l’intento di escludere l’azionista di riferimento (famiglia Ligresti) ovvero abbia fatto emergere lacune (e quindi falsità) relative ai bilanci relativi agli esercizi precedenti». Peluso, figlio del ministro Cancellieri, ha ricoperto il ruolo di direttore generale nel periodo «più delicato» attraversato da Fonsai, coinciso con la chiusura di bilancio 2011 che ha registrato una perdita di oltre un miliardo di euro. I pm spiegano che l’intercettazione dell’utenza di Peluso è necessaria visto il suo ruolo e «anche alla luce delle relazioni che Peluso ancora intrattiene con alcuni indagati nel periodo di interesse». In un’intercettazione Giulia Ligresti commenta così con un’amica il suo operato: «Sto Peluso è il figlio del ministro Cancellieri… Siccome lui è talmente protetto, figurati cosa gli daranno in Telecom».

Berlusconi non vuole mollare

La vicenda Cancellieri non oscura un altro nervo scoperto della politica italiana. Continua, infatti, a tenere banco il futuro del Cavaliere. Silvio Berlusconi ha voluto essere chiaro: farò ancora campagna elettorale in prima persona alle prossime elezioni. «In caso di elezioni, sentirei il dovere di impegnarmi direttamente», ha detto il presidente di Forza Italia a Bruno Vespa per il libro «Sale, zucchero e caffè. L’Italia che ho vissuto da nonna Aida alla Terza Repubblica», in uscita il 7 novembre da Mondadori- Rai Eri. «Credo comunque che sia ancora necessario, in una forma o nell’altra, il mio impegno personale. Nessuno può togliermi il diritto di restare alla guida del movimento che ho fondato, finché molti milioni di elettrici e di elettori lo vogliono. Ho un rapporto speciale con gli italiani che, come me, temono che la sinistra possa andare al governo e proprio per questo sento il dovere di stare in prima linea per corrispondere alla loro fiducia e al loro affetto».E comunque il futuro non sarà nelle mani dela figlia Marina Berlusconi. «Marina sarebbe in grado di adempiere al meglio la missione di candidato premier. «Tutti hanno constatato la sua autorevolezza e il coraggio da leonessa con cui mi ha difeso. Ma non è la sua vocazione. Sono sicuro che nessuno dei miei figli si sente attratto dalla politica. Soprattutto da questa politica».

Pdl, divorzio non consensuale

Berlusconi sa che il momento è delicato e non consente distrazioni e per questo è rimasto a Roma nonostante il weekend festivo. Ieri mattina a palazzo Grazioli sono arrivate, di buonora, Mariastella Gelmini e Mara Carfagna. Sono ore decisive per la battaglia interna al Pdl. Berlusconi, infatti, deve raggiungere il consenso dei due terzi degli 800 consiglieri nazionali del partito per concludere il passaggio a Forza Italia e riacquisire i pieni poteri. Una soglia che non avrebbe ancora raggiunto in quanto i filo-governativi che fanno riferimento al segretario Angelino Alfano avrebbero ormai superato le 300 adesioni. Si prospetta dunque la soluzione di un divorzio non consensuale fra le due fazioni in lotta.

Pd, guerra delle tessere

Il Pd è alle prese con un vero e proprio allarme per la «degenerazione» della vita democratica interna al partito. Gianni Cuperlo, che da giorni come Matteo Renzi va ripetendo che si deve fermare il fenomeno della moltiplicazione delle tessere, ha deciso di scrivere ufficialmente alla commissione nazionale per il congresso per chiedere che venga «sanzionata la distorsione di gruppi organizzati». Chi ha partecipato alla riunione convocata da Cuperlo lo descrive «molto infastidito» per quello che sta accadendo sul fronte tessere. Umberto Marroni, Matteo Orfini, Roberto Gualtieri, Enrico Gasbarra erano presenti tra gli altri al vertice.

Terremoto nei circoli

È in particolare a Roma che Cuperlo rischia di pagare un prezzo salato per la guerra nei circoli tra Tommaso Giuntella e Lionello Cosentino. Entrambi appoggiano Cuperlo al congresso nazionale. Ma i due si stanno sfidando senza esclusione di colpi (e di tessere) nei circoli della Capitale. Il Pd di Roma vive in queste settimane giornate difficili. A Cinecittà hanno occupato il circolo, ma ci sono problemi anche a Montesacro, Trastevere, Torbellamonaca e Grottaperfetta. Roma, come il resto d’Italia. Rovigo, Catania, Palermo, Piacenza, Asti, Lecce, Cosenza, Caserta, Torino. La geografia dei congressi a rischio annullamento è ricca e composita, ma dovunque si parla di numero delle tessere in circolazione e segnalazioni di irregolarità procedurali, tesseramenti gonfiati.

Il Papa al Verano

Papa Francesco al cimitero del Verano per celebrare la messa in occasione della festa di Ognissanti, 20 anni esatti dopo l’ultima delle 12 liturgie che furono presiedute da Giovanni Paolo II ugualmente all’ingresso monumentale del cimitero, a cui hanno fatto seguito una preghiera per i defunti e la benedizione delle tombe. Il Pontefice è stato accolto con applausi, cori, sorrisi e bandierine bianche e gialle. Francesco ha concluso l’omelia con un pensiero rivolto ai profughi di Lampedusa, una preghiera «speciale per i fratelli nostre che in questi giorni sono morti mentre cercavano una liberazione, verso una vita degna». «Abbiamo visto le fotografie, abbiamo visto la crudeltà del deserto. E abbiamo visto il mare dove tanti si sono affogati». «Preghiamo anche per quelli che si sono salvati e che ora sono ammucchiati in attesa che le pratiche si possano compiere per andare in altri centri di accoglienza più comodi».

© Riproduzione riservata