di Antonio Satta

 

La nuova stretta fiscale su banche e assicurazioni, con anticipo Ires al 130% e addizionale per il 2013 dell’8,5%, ha fatto insorgere le compagnie. Che questa volta sono pronte alle barricate. Lo spiega il direttore generale dell’Ania, Dario Focarelli.

 

Domanda. Un fulmine a ciel sereno?

Risposta.

Sì, siamo stati decisamente spiazzati. Sapevamo che volevano chiedere un anticipo dell’Ires, anche parecchio alto, ma non ci aspettavamo addirittura un aumento dell’aliquota del 30%. Pensavamo che piovesse, non che grandinasse.

 

D. Avete capito perché c’è stata questa addizionale limitata ai redditi 2013?

R. La spiegazione non è ufficiale: ma il senso è chiaro, il governo aveva paura che Eurostat bocciasse l’anticipo del 130% considerandolo un prestito forzoso da registrare come nuovo debito pubblico, a questo punto hanno aggiunto all’Ires 2013 un’addizionale dell’8,5%, che è proprio il 30% in più rispetto all’aliquota precedente del 27,5%. Quindi, in sostanza, il 36% che dovremmo pagare di Ires corrisponde al 130% di quanto pagato l’anno prima. Insomma l’anticipo di fine anno è diventato il 100% della cifra che presumibilmente si dovrebbe pagare nel 2014, riferita ai redditi 2013.

 

D. Rispetto a quanto avreste dovuto comunque pagare a fine anno cambia poco, o no?

R. Cambia tutto, quel 30% in più sarebbe stato un credito d’imposta, ora invece è una stangata fiscale a tutto tondo. Una stangata che, peraltro, contraddice gli articoli 3 e 53 della Costituzione, che recitano: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge» e «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva». Due principi dai quali deriva che le aliquote fiscali devono essere le stesse per ogni settore economico.

 

D. Veramente la Robin Tax è già stata applicata, proprio con un’addizionale Ires, anche alle aziende energetiche.

R. Vero, e infatti pende un ricorso alla Corte Costituzionale. In ogni caso per giustificare quella norma il governo spiegò che quelle aziende hanno una capacità contributiva diversa rispetto alle altre, perché godono anche di rendite di monopolio. Noi operiamo in un mercato interamente concorrenziale.

D. Insomma, non ci state?

R. No, assolutamente. Adesso valuteremo insieme alle compagnie i passi adeguati da intraprendere, ma è certo che ci opporremo con forza a questa misura.

 

D. Anche ricorrendo alla Corte di Giustizia Europea?

R. Valuteremo. La strada maestra è il ricorso alla Corte Costituzionale, che però ha tempi lunghi, quindi potremmo prendere in esame anche tutti i possibili passi in sede europea. Mi limito a osservare che comunque, al di là delle nostre iniziative, potrebbe essere la Commissione a domandarsi se una norma del genere non leda il mercato unico o se si possa configurare come aiuto di Stato.

 

Perché i soldi li hanno voluti da voi e dalle banche?

R. Perché gli servivano subito, entro il 31 dicembre. Ma la nostra liquidità non è un bancomat. Paghiamo già più Irap di tutti, nella Rc auto abbiamo il 26% di tassa sui premi, su incendio e danni l’aliquota è al 22,5%, negli altri Paesi sono ovunque più basse. E con gli acconti sulle riserve vita abbiamo accumulato un credito nei confronti dello Stato di 6 miliardi. Direi che può bastare. Abbiamo già dato. (riproduzione riservata)