Pagina a cura di Duilio Lui  

Un nuovo big bang come quello che nello scorso decennio ha portato alla nascita di due campioni nazionali come Unicredit e Intesa Sanpaolo. È lo scenario che si va profilando nel mondo della finanza italiana con riferimento questa volta agli istituti di piccole e medie dimensioni, soprattutto quelli di impronta popolare. La spinta arriva dalla crisi, che ha messo a rischio i conti, e dal processo di convergenza europea, anche se le resistenze non mancano.

Pesano le sofferenze, 12 istituti commissariati. La situazione del credito in Italia è critica. La crisi prolungata sta portando a un’impennata delle sofferenze bancarie (voce di bilancio con cui vengono indicati i crediti di difficile riscossione), che ormai si attestano intorno ai 140 miliardi di euro, circa il 9% della ricchezza prodotta ogni anno nella Penisola. In sostanza, sempre più imprese e famiglie faticano a onorare i debiti contratti con gli istituti di credito, che a questo punto non sanno se riusciranno a recuperare il denaro dato in prestito. Ancor più preoccupano le prospettive: se infatti oggi il dato è pressoché triplo rispetto a quanto registrato nel 2008, la situazione potrebbe aggravarsi tra fine anno e l’inizio del 2014 in presenza di un’economia che stenta a riprendersi e di una disoccupazione in crescita.

Dunque, le ristrutturazioni condotte negli ultimi due anni, con chiusure di filiali (98 solo nei primi mesi del 2013, pari al 3,4% del totale), licenziamenti e interventi a vario livello per garantire l’efficienza, il business continua a soffrire. In questo quadro si innestano le tensioni tra l’Abi e i sindacati: questi ultimi hanno scioperato lo scorso 31 ottobre in risposta alla decisione assunta dall’Associazione delle banche italiane, che ha comunicato la disdetta unilaterale del contratto di categoria, in scadenza a giugno 2014. Gli istituti fanno notare che il costo del lavoro nel settore bancario si è fatto ormai insostenibile (è superiore alla media europea, nonostante il cattivo stato di salute delle banche italiane) e occorre mettere a punto un nuovo ccnl che garantisca consistenti risparmi. I sindacati annunciano barricate e così c’è il rischio che si arrivi alla metà del prossimo senza un accorso. A quel punto si produrrebbe il caos, in quanto ciascun istituto o gruppo potrebbe redigere un proprio contratto aziendale.

Intanto, il numero di banche commissariate dalla Banca d’Italia è salito a dodici. L’ultima è stata Banca Marche, che va ad affiancarsi all’Istituto Credito Sportivo, Banca Tercas, Bcc Monastier e del Sile, Bcc San Francesco, Banca Popolare di Spoleto, Bcc del Veneziano, Banca dei due mari di Calabria, Credito Cooperativo, Bcc Euganea di Ospedaletto Euganeo, Banca Credito Cooperativo di Bene Vagienna, Cassa di Risparmio di Ferrara, infine Bcc di Alberobello e Sammichele. Si tratta per lo più di istituti di piccole dimensioni, che a lungo si sono fatte vanto degli stretti legami con il territorio, ma che hanno avvertito più di altre il peso della crisi.

La pressione delle autorità. Proprio Bankitalia sta facendo pressione perché il sistema creditizio italiano si adegui al nuovo contesto economico. In particolare, nel mirino sono finite le banche cooperative e le popolari, per le quali Via Nazionale auspica «un approfondito riesame dei modelli di attività seguiti sinora», con l’obiettivo di «conseguire un rafforzamento strutturale della profittabilità, della dotazione patrimoniale e, quindi, della capacità di servire l’economia reale». Considerando anche che il processo di convergenza europeo in ambito bancario è destinato a registrare un’accelerazione nei prossimi mesi, l’autorità bancaria chiede dunque un rinnovamento che inevitabilmente dovrà passare per una nuova stagione di fusioni e acquisizioni, dopo quella che nello scorso decennio ha portato alla nascita di grandi gruppi come Intesa Sanpaolo e Unicredit.

Anche se non mancano le resistenze, proprio nei rispettivi territori di riferimento degli istituti di piccole dimensioni, per lo più controllati da Fondazioni bancarie, che hanno costruito il loro peso proprio sul controllo di fatto di queste banche.

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