di Roberta Castellarin e Paola Valentini

 

Gli iscritti alle polizze pip hanno superato per la prima volta gli aderenti ai fondi negoziali. Nonostante non diano diritto al contributo aggiuntivo del datori di lavoro, i pip hanno raggiunto quota 1.959.859 lavoratori contro i 1.959.197 dei negoziali. Merito di aggressive e ben pagate reti di vendita dato che questi strumenti hanno commissioni più elevate degli altri prodotti.

Il dato dimostra comunque come sia possibile proporre ai risparmiatori prodotti di previdenza complementare nonostante la situazione economica non facile.

Un esempio su tutti è quello del pip Postaprevidenza valore di Poste vita che a fine maggio contava su oltre 580 mila adesioni e che risulta al primo posto in Italia per numero di iscritti considerando tutta la platea di strumenti previdenziali, quindi non solo i pip ma anche fondi pensione negoziali e fondi pensione aperti. Infatti il più grande fondo negoziale Cometa a fine giugno contava su 421 mila iscritti. Peraltro anche se si va ad analizzare la tipologia di iscrizioni si scopre che Postevita riesce a intercettare i lavoratori tra i 30 e 40 anni, che rappresentano il 28% del totale degli iscritti.

 

E il mercato continua a crescere. L’ultimo nato è Libero domani firmato Sara vita, un nuovo pip che permette al sottoscrittore di scegliere liberamente e modificare nel tempo l’importo del premio e di sospendere i versamenti in qualsiasi momento, senza costi né penalizzazioni oltre che effettuare versamenti integrativi liberi per importo e frequenza. La flessibilità è una caratteristica che viene particolarmente apprezzata proprio dai giovani che sono alle prese con le difficoltà nel mondo del lavoro e nel contempo sono quelli che hanno più bisogno di previdenza integrativa. La riforma Dini del 1995 aveva previsto infatti sacrifici maggiori per i giovani e tutele superiori per le generazioni più anziane perché, si sosteneva allora, i primi hanno più tempo a disposizione per accumulare risorse tramite i fondi pensione. Nel frattempo però è cresciuta di poco la consapevolezza tra le nuove generazioni del magro futuro pensionistico che le attende e così oggi (a 18 anni di distanza) solo il 25% dei lavoratori risulta iscritto a una forma di previdenza complementare. Con il rischio di trovarsi in vecchiaia con scarse risorse economiche. Ma qualcosa inizia a cambiare anche se gli effetti per ora sulle iscrizioni non si vedono. La riforma Monti-Fornero del 2012 che ha inasprito le condizioni di accesso alla pensione pubblica, sta pian piano convincendo i lavoratori che dal punto di vista previdenziale è necessario correre ai ripari. «Il problema previdenziale è ben presente ai lavoratori italiani ancora attivi. È considerato molto serio, ma nei fatti è rimosso e non induce a comportamenti conseguenti», conferma l’indagine dell’Acri realizzata da Ipsos presentata nei giorni scorsi in occasione della Giornata mondiale del risparmio. Secondo il sondaggio Ipsos il 30% dei lavoratori italiani ritiene che la pensione pubblica non li farà vivere in modo accettabile, un altro 36% ritiene che dovrà pesantemente ridurre il proprio tenore di vita, solo il 25% pensa che la pensione pubblica sarà sufficiente, con qualche rinuncia e appena il 3% è tranquillo. A fronte di questa situazione, il 79% reputa che la riforma delle pensioni targata Monti-Fornero abbia aumentato il bisogno di aderire a un fondo pensione, ma solo il 24% si è iscritto a qualche forma di previdenza complementare. Il 21% non ha ancora riflettuto su come potersi garantire un reddito pensionistico più elevato, il 15% non farà nulla perché non ritiene di averne bisogno, il 27% pensa che lavorerà più a lungo. Solo il 22% dichiara che aderirà a un fondo pensione. Il 4%, invece, dice che pagherà più contributi pubblici. Infine il 18% pensa di risparmiare di più.

Risultato: nonostante la riforma della previdenza complementare del 2007 ha consentito la possibilità di adesione ai fondi con il Tfr la pensione di scorta fa fatica a prendere piede. Nel 2012 i nuovi iscritti, considerati al netto di tutti i trasferimenti interni al sistema, sono stati circa 442 mila. E l’apporto maggiore è stato fornito proprio dai pip con 338 mila nuovi aderenti, seguiti dai fondi negoziali con 60 mila e dai fondi aperti con 57 mila unità.

 

Oggi i pip costituiscono la tipologia di forma pensionistica con il maggior numero di aderenti, con 2,3 milioni di iscritti (considerando anche i vecchi pip che però sono chiusi a nuove iscrizioni). In ogni caso «a sei anni dall’avvio della riforma, il quadro delle adesioni alla previdenza complementare non può dirsi soddisfacente. Nelle intenzioni del legislatore, la riforma avrebbe dovuto dare nuovo impulso a un sistema che, già da alcuni anni, era in fase di stallo delle iscrizioni, con risorse accumulate insufficienti. Sebbene significativo, l’incremento della partecipazione è risultato inferiore alle aspettative», si legge nella relazione Covip relativa al 2012.

Dal 2006 al 2012 le adesioni sono passate da 3,1 a 5,8 milioni, l’84% in più. L’incremento di 2,7 milioni è così ripartito: 750 mila sono gli iscritti confluiti nei fondi negoziali, 430 mila nei fondi aperti e circa 1,5 milioni nei pip. Mentre la crescita è risultata di circa 16 mila unità nei fondi preesistenti. Si conferma quindi anche dall’avvio della riforma che sono i pip a contribuire maggiormente all’incremento delle adesioni, anche se questi risultano mediamente più onerosi dei fondi pensione aperti e dei fondi negoziali. «I fondi pensione aperti si collocano a metà strada tra i negoziali e i Pip, in assoluto i più cari: mediamente costano da tre a sette volte un fondo di categoria», avverte Assoprevidenza. I costi sono importanti perché «due strumenti identici per rendimento, contribuzione e durata di adesione, ma con l’1% di differenza di oneri, producono rendite differenti del 20% al termine di 35 anni di adesione», conclude Assoprevidenza. Per aiutare il risparmiatore a individuare il prodotto meno caro la Covip mette a disposizione sul proprio sito internet gli Indicatori sintetici di costo di tutti i pip, i fondi aperti e i fondi negoziali presenti sul mercato. (riproduzione riservata)