di Andrea Di Biase

Una normale telefonata tra due amiche di lunga data, anche se la prima con un’importantissima carica istituzionale e la seconda legata sentimentalmente al principale indagato di una scottante inchiesta giudiziaria, o l’indebita intromissione del ministro della Giustizia in un procedimento penale? La pubblicazione della telefonata del 17 luglio scorso tra il ministro Annamaria Cancellieri e Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti, in cui la prima, di fronte al peggioramento delle condizioni di salute di Giulia Ligresti, allora sottoposta a custodia cautelare in carcere, si diceva di pronta a «fare qualunque cosa» in suo potere per cercare di alleviare le sofferenze dell’ex presidente di Premafin, ha messo il Guardasigilli al centro di una polemica che difficilmente si spegnerà, nonostante le precisazioni fornite alla stampa nella serata di ieri e la disponibilità a chiarire la vicenda davanti al Parlamento.

Anche se il procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli, e i pm Vittorio Nessi e Marco Gianoglio (i due che indagano sulla vicenda FonSai) abbiano definito «arbitraria e del tutto destituita di fondamento ogni illazione che ricolleghi la concessione degli arresti domiciliari» a Giulia Ligresti, «a circostanze esterne di qualunque natura», i partiti di opposizione (Movimento 5 Stelle, Lega e Idv), ma anche qualche parlamentare della maggioranza, sono arrivati a chiedere le dimissioni del ministro. Anche perché, come ammesso dalla stessa Cancellieri, ascoltata il 22 agosto dal pm Nessi negli uffici del ministero della Giustizia, nei giorni successivi alla telefonata intercettata ha effettivamente segnalato il caso di Giulia Ligresti ai due vice capi del dipartimento amministrazione penitenziaria, Francesco Cascini e Luigi Pagano, perché facessero quanto di loro stretta competenza per la tutela della salute dei carcerati. «Si è trattato di un intervento umanitario assolutamente doveroso», ha commentato Cancellieri. «Mi sono comportata, peraltro, nello stesso modo quando sono pervenute al mio ufficio segnalazioni, da chiunque inoltrate, che manifestassero preoccupazioni circa le condizioni sullo stato psicofisico di persone in stato di detenzione», ha aggiunto il ministro, che, dopo aver ricevuto la solidarietà del vice premier Angelino Alfano, è stata ricevuta dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ufficialmente, spiega una nota del Quirinale, per illustrare al capo dello Stato «le misure relative al sovraffollamento delle carceri che sta predisponendo». Al di là della delicatezza istituzionale della vicenda, c’è un particolare che può aiutare a comprendere, anche se non a giustificare, il comportamento del ministro. Suo figlio, Piergiorgio Peluso, è stato direttore generale di Fondiaria-Sai dalla primavera del 2011 all’estate 2012, nella fase più calda della vicenda che ha portato all’estromissione dei Ligresti dalla compagnia. E proprio la testimonianza del manager davanti ai magistrati ha avuto una particolare importanza per sostenere le tesi dell’accusa. Di qui, come emerge dalla intercettazioni, l’imbarazzo del ministro nel rispondere alla chiamata dell’amica. (riproduzione riservata)