di Anna Messia

Il sistema assicurativo italiano è stato messo in sicurezza con le nuove regole prudenziali di Solvency II. Perché se è vero che le compagnie saranno costrette a nuovi sforzi, con un requisito di capitale che sarà circa il doppio rispetto a quello attuale, è altrettanto vero che per le compagnie italiane, che vantano già un buon cuscinetto di risorse patrimoniali in eccesso, non ci sono aumenti di capitale all’orizzonte.

Ma l’aspetto più interessante delle nuove regole di Solvency II, che entreranno in vigore il primo gennaio 2016, è che se fossero state operative già nell’estate 2011, quando lo spread dei titoli di Stato italiani sul Bund era ai massimi, neppure allora ci sarebbe stato bisogno di ricapitalizzare, almeno per la gran parte delle compagnie. All’epoca a intervenire fu l’Isvap (oggi Ivass), consentendo agli assicuratori di mantenere i titoli di Stato al costo storico con un provvedimento di emergenza che evitò di amplificare gli effetti della crisi, ma che non potrebbe più essere replicato dal 1° gennaio 2016, quando entrerà in vigore Solvency II. Insomma c’era bisogno di risolvere strutturalmente il problema e le assicurazioni italiane sono riuscite in ambito europeo a tutelare i propri interessi, ottenendo l’introduzione di un meccanismo di bilanciamento della volatilità (volatility balancer), che dovrà essere applicato per una percentuale del 65%, ben più alta di quella proposta dall’Eiopa (l’autorità europea di sorveglianza). Questa aveva proposto il 20%, mentre l’Ivass italiana suggeriva il 60%. Del resto anche le compagnie tedesche, alle prese con rendimenti garantiti elevati sulle loro polizze Vita a fronte di tassi d’interesse bassi, sono riusciti a incassare la sterilizzazione delle nuove regole sui vecchi contratti Vita addirittura per i prossimi 16 anni.

Ieri l’Ania, l’associazione che rappresenta le imprese assicurative, vede con favore l’accordo raggiunto il 14 novembre scorso dal cosiddetto trilogo (Commissione, Parlamento e Consiglio europeo). L’associazione ha fornito qualche calcolo, anche se si tratta di stime approssimative, realizzate prendendo a riferimento i bilanci 2012 e l’attuale valore degli spread sui titoli di Stato. «Con Solvency I, a fine 2012, la richiesta di capitale era di 23 miliardi con una disponibilità di 50 miliardi», ha spiegato il direttore generale di Ania, Dario Focarelli, «Con Solvency II la richiesta sarebbe di circa 50 miliardi ma le disponibilità delle imprese (grazie alle diverse valutazioni di alcune voci, ndr) salirebbero a 75 miliardi». Cifra cui si possono aggiungere altri 8 miliardi ottenuti applicando il volatility balancer, che può essere previsto quando lo spread del debito sovrano supera i 100 punti base e quando supera di due volte quello medio dell’Eurozona. È il caso dell’Italia. (riproduzione riservata)