La gestione del rischio al centro del convegno annuale di ANRA dal titolo “Arriva sempre in momento in cui non c’è altro da fare che rischiare”, in corso di svolgimento a Milano. Secondo l’ultima indagine promossa da FERMA – la Federazione di Risk Management Europeo, presentata nel corso del meeting, le imprese europee confermano la centralità del risk management.

Nelle loro risposte, più di 200 dirigenti di grandi organizzazioni europee sottolineano come il top management e i CDA siano sempre più orientati a un maggior controllo del processo di Risk Management, integrandolo nella strategia globale dell’azienda e radicandolo maggiormente nella cultura aziendale.

L’indagine europea indica che nel 35% delle imprese la responsabilità diretta della gestione del rischio è in capo a un Chief Risk Officer o a un Risk Manager”, ha commentato Paolo Rubini, Presidente di ANRA.  “Nel 27% dei casi la responsabilità diretta è assunta dall’amministratore delegato o dal CFO, mentre il board nel suo complesso è responsabile nel 14% delle aziende. Più della metà delle aziende intervistate, il 56%, ha detto di aver aumentato nel corso degli ultimi tre anni le risorse destinate all’istruzione e alla formazione per le funzioni di Chief Risk Officer”.

 

In ogni caso, le aziende sottolineano l’importanza del coinvolgimento diretto del CDA. Ed è chiaro che senza il supporto del CDA, il processo di risk management non può funzionare. La maggior parte delle aziende europee ha dichiarato di avere in atto processi di formazione e di aggiornamento per mantenere costantemente informati il board e gli alti dirigenti sull’esposizione al rischio dell’impresa: i rischi principali vengono regolarmente comunicati alla direzione nel 70% delle organizzazioni. È evidente che costruire un efficace processo di questo tipo richiede un canale informativo per i temi legati al rischio. Il 75% degli intervistati ha citato la funzione del rischio come un canale attraverso il quale le informazioni, l’analisi e le indicazioni relative ai rischi raggiungono gli alti dirigenti”.

“Tuttavia – ha concluso Rubini –, solo il 17% degli intervistati ha definito come “chiara e completa o quasi” la comunicazione tra la Direzione e il Chief Risk Officer; più di uno su quattro, il 29%, ha espresso preoccupazione rispetto alla “cultura della buona notizia”, a causa della quale il management può ricevere informazioni “rivisitate” sulla realtà dei rischi. Il 40% dei Risk Manager ha detto che nella propria organizzazione non è stato ancora istituito un comitato di analisi del rischio che sia trasversale e rappresentativo di tutti i settori aziendali, e questo nonostante il ruolo cruciale che un tale organismo avrebbe nel fare in modo che i dati sul rischio siano discussi a fondo e trasmessi al CDA”.

L’indagine ha inoltre rilevato che le aziende hanno tardato ad adottare incentivi basati sul rischio come parte dei compensi: solo il 12% ha dichiarato di collegare la gestione del rischio alla remunerazione dei dirigenti. Le aziende puntano a creare legami più stretti tra la gestione del rischio e la pianificazione strategica. Circa la metà ha dichiarato che il proprio processo di gestione del rischio è strettamente o molto strettamente collegato con la strategia complessiva e la gestione del bilancio. Allo stesso tempo, c’è stato un minore progresso nel trasferire i vantaggi della funzione del rischio anche su progetti di trasformazione del business, come fusioni, acquisizioni e disinvestimenti: solo il 20% ha definito la funzione di rischio come strumento per prendere decisioni strategiche più efficaci e per valutare gli investimenti.

Principali aree di rischio secondo l’indagine FERMA, queste le categorie di rischio giudicate più rilevanti dagli intervistati: