Nonostante il significativo potenziale rappresentato dal risparmio privato in Italia, la crescita del settore dei fondi d’investimento è stata negativamente influenzata da vincoli regolamentari, incertezza normativa nell’ambito delle operazioni transfrontaliere e, soprattutto, da un regime fiscale penalizzante rispetto a quello della maggior parte degli altri Paesi europei. Di conseguenza, gli intermediari italiani hanno tradizionalmente veicolato la raccolta interna verso fondi e società di gestione costituiti all’estero. Negli ultimi anni, tuttavia, il legislatore italiano ha avviato a una politica volta a ridurre questo svantaggio competitivo. In particolare, l’attuazione della direttiva 2009/65/CE (la cosiddetta Ucits IV) si è rivelata l’occasione per una riforma del settore che ha abbracciato anche temi non contemplati dalla stessa direttiva. Tali novità avranno un impatto sul mercato italiano dei fondi. Nel dettaglio, la legge numero 10 del 26 febbraio 2011 ha uniformato il regime fiscale applicabile ai fondi di investimento a quelli della maggior parte dei concorrenti europei basando la tassazione (al 20%) sui guadagni in conto capitale realizzati al momento della vendita delle quote anziché, anno per anno, sugli utili maturati. Il decreto legislativo n. 47 del 16 aprile 2012 ha poi dato attuazione all’Ucits IV modificando alcune disposizioni fiscali e fallimentari. Infine, l’8 maggio 2012, Banca d’Italia e Consob hanno emanato una vasta normativa regolamentare volta ad attuare in dettaglio le disposizioni europee. Per dare una idea delle modifiche introdotte occorre ricordare che, sotto la vigenza del vecchio regime, solo una Sgr costituita in Italia poteva gestire un fondo d’investimento nazionale. Di conseguenza, gli operatori esteri interessati ad accedere al mercato non avevano altra scelta se non acquisire una Sgr o collocare quote di fondi di diritto estero. L’attuazione delle misure in esame amplia invece il ventaglio di strumenti a disposizione degli operatori stranieri, che potranno costituire in Italia fondi di investimento armonizzati senza la necessità di stabilirsi nel nostro Paese. I gestori italiani, dal canto loro, potranno espandersi in altri mercati europei. Anche per fusioni e scissioni di fondi, con la nuova disciplina regolamentare emanata da Banca di Italia in attuazione della direttiva, vengono introdotte una serie di significative novità che tendono a semplificare le procedure. Tali operazioni sono sottoposte alla sola preventiva autorizzazione dell’autorità dello stato nel quale opera il fondo soggetto a incorporazione, salvo il diritto al rimborso delle quote esercitabile dai partecipanti al fondo che non intendessero aderire al fondo ricevente. La direttiva Ucits IV consente inoltre la costituzione di strutture master-feeder per fondi aperti armonizzati. Tale struttura, che non trovava riconoscimento nella precedente normativa italiana, può risultare uno strumento utile a garantire flessibilità e crescita del bacino della clientela oltre che efficienza gestionale consentendo per esempio a fondi di impiegare più dell’85% dei propri attivi in un altro fondo che opera in altro paese comunitario. Per questo aspetto, occorre sottolineare che la disciplina regolamentare della Banca d’Italia ha esteso queste norme comunitarie anche ai fondi non armonizzati, a condizione che il fondo feeder investa nella stessa asset class.