La scadenza, il 30 novembre, è ormai alle porte, ma il Banco Popolare ha già deciso: non eserciterà l’opzione di acquisto della quota di controllo di Popolare Vita attualmente in mano a Fondiaria-Sai. È quanto ha appreso F&M da fonti finanziarie, che hanno spiegato che l’istituto guidato da Pier Francesco Saviotti non dovrebbe avvalersi del diritto acquisito con la sottoscrizione da parte di Unipol dell’aumento di capitale riservato di Premafin, che ha portato la compagnia bolognese a controllare, a cascata, anche la stessa Fonsai. Il patto parasociale stipulato tra il Banco Popolare e Fonsai nel 2007 sulla joint venture nel Vita (che vede la Popolare al 50% e la compagnia al 50% più un’azione) concede al gruppo guidato da Saviotti una call sulla quota di maggioranza nel caso in cui si verifichi un cambiamento di controllo nell’altra società. Così, come diretta conseguenza del passaggiuo di testimone dalla famiglia Ligresti a Unipol nell’azioanriato di Fonsai, è sorta per l’isituto guidato da Saviotti la possibilità di esercitare l’opzione. Come spiega il bilancio del Banco Popolare, l’operazione è tuttavia subordinata «al rilascio delle autorizzazioni degli Organi di vigilanza», ossia Banca d’Italia, Isvap e Antitrust. Nello stesso documento si legge che «il termine per l’esercizio della volontà di acquisto della quota partecipativa da parte del Banco Popolare, fissato dal patto parasociale in 45 giorni dalla data in cui si è verificato il cambio di controllo del partner assicurativo, è stato prorogato di comune accordo sino alla data del 30 novembre 2012», vale a dire tra poco più di una settimana. Quanto al prezzo che il Banco dovrebbe pagare, «verrebbe determinato sulla base di metodologie correnti di mercato da parte di un esperto indipendente nominato dalle parti». Dall’ultimo bilancio di Popolare Vita, quello cioè relativo al 2011, emergeva un patrimonio netto di 315,57 milioni, suddiviso in 219,6 di capitale sociale più 95,97 milioni sotto forma di riserve. La joint venture bancassicurativa, che ha base a Verona e vede il Banco sfruttare la propria rete per collocare le polizze, nei mesi scorsi era stata fonte di qualche tensione tra i due soci di riferimento. Fonsai, infatti, prima ancora di passare sotto le insegne di Unipol, aveva cercato di vendere la propria quota, deconsolidandola nell’ottica di fare cassa. Un’operazione che tuttavia non è riuscita, tant’è che la partecipazione è ancora in portafoglio. Per la felicità dello stesso Saviotti, che non a caso, con lungimiranza, a marzo aveva preso le difese di Unipol nella battaglia che la contrapponeva a Sator e Palladio per il controllo di Fonsai. Dal punto di vista del Banco, in una joint venture simile, un partner assicurativo è senz’altro meglio che un private equity.