Mariano Mangia

Roma C ambiano i mercati finanziari, cambiano i fondi. «Viviamo in un mondo di investimenti decisamente fuori dall’ordinario. I tassi di interesse sono ai minimi storici, le azioni sono più volatili, le diverse attività finanziarie sono correlate in modo anormale e l’andamento demografico sta modificando i processi di risparmio nei paesi più ricchi», si legge in un rapporto di Hsbc intitolato «I dieci trend che stanno cambiando la gestione degli investimenti». Le scelte degli investitori oggi sono guidate dalla percezione del rischio. E’ il cosiddetto «risk-on risk- off»: come un pendolo, si oscilla tra l’investimento in attività a rischio e la fuga verso quello che, di volta in volta, viene ritenuto l’investimento sicuro. Così, ad esempio, la correlazione tra le azioni dei mercati emergenti e quelle dei paesi sviluppati, che agli inizi degli anni novanta era intorno al 30%, negli ultimi tre anni è salita all’80%, come viene sottolineato in un’analisi condotta da J. P. Morgan. Un altro rapporto, questa volta di Ubs, «L’evoluzione dell’asset manager», ricorda che la «Grande moderazione», l’era caratterizzata da crescita elevata e bassa inflazione, è ormai storia, così come gli smisurati rendimenti annuali conseguiti dagli investitori. E in prospettiva, la crescita economica del mondo sviluppato sarà probabilmente inferiore, a causa di una serie di fattori, tra cui la riduzione del debito accumulato durante la «Grande moderazione» e un tasso di crescita della popolazione lavorativa mondiale, già diminuito di un terzo nell’ultimo decennio, destinato a calare di una percentuale analoga nei prossimi dieci anni. I cambiamenti demografici impattano anche sulle scelte di investimento, la generazione dei «baby boomers», avvicinandosi alla pensione, ridurrà l’investimento in azioni. «I boomers non possono prendere rischi. Le generazioni X e Y credono in Facebook, ma non nelle sue azioni. La generazione Z non ha soldi», ha twittato questa estate William Gross, fondatore e managing director di Pimco, 2.000 miliardi di dollari in gestione. D’altro canto, neanche per le obbligazioni le prospettive sono entusiasmanti, il prolungato trend rialzista sembra prossimo a una fine, c’è chi parla di un «bolla» o ritiene che il 2014 possa rivelarsi un secondo 1994, il peggior anno per il reddito fisso. Questo difficile scenario sta determinando un cambiamento dell’offerta dei fondi comuni. Il primo trend individuato da Hsbc è la «disperata» ricerca di reddito che ha spinto e spingerà gli investitori verso fondi specializzati in emissioni societarie e azioni con elevati dividendi. In Europa, in nove mesi, i fondi obbligazionari hanno raccolto oltre 115 miliardi di euro; nel nostro paese, le sottoscrizioni degli obbligazionari, 15,3 miliardi, sono in gran parte da ascrivere ai fondi «a scadenza», proposti da un gran numero di sgr di emanazione bancaria. Questi fondi replicano l’approccio del risparmiatore «cassettista » che vuole incassare una cedola interessi, i fondi erogano una cedola prefissata o variabile, e che sa di poter contare, alla scadenza, sul rimborso del capitale investito; rispetto al «fai da te», hanno il vantaggio di una maggiore diversificazione di portafoglio. Ci sono poi nuove tendenze per quanto riguarda la gestione del rischio. Gli investitori, osservano in Hsbc, vorrebbero rendimenti di tipo azionario con una volatilità da obbligazioni. Garantire un rendimento elevato non è possibile, fissare un livello di rischio su «misura» può essere più facile. Così i gestori stanno sviluppando fondi che offrono differenti combinazioni di rischio e rendimento, come le strategie Long/Short azionarie, i prodotti a rischio equiponderato o a minima volatilità e, soprattutto, i fondi multi- asset che su alcuni mercati stanno registrando una forte crescita. Anche il rapporto della Ubs sottolinea come l’industria del risparmio gestito si stia spostando da un approccio basato sulla performance rispetto a un benchmark a un approccio basato sul risultato e sugli obiettivi del cliente. «Gli asset manager devono riconoscere che per i clienti il viaggio è importante tanto quanto la destinazione», si legge nel rapporto. «I clienti vogliono raggiungere determinati obiettivi di investimento in termini di reddito o apprezzamento del capitale, ma vogliono anche evitare il trauma di ingenti e improvvise perdite, anche se tali perdite potranno essere recuperate nel tempo». Nei fondi multi-asset a rendimento assoluto, che ora cominciano ad essere proposti ai risparmiatori italiani anche nella versione a «scadenza», l’obiettivo non è «battere» un pacchetto di indici, come nei vecchi bilanciati, ma conseguire il miglior rendimento per un livello di rischio prefissato, muovendosi dinamicamente tra le diverse asset class e utilizzando derivati per prendere posizione su un mercato o per ridurre il rischio. In altre parole, è il gestore che si assume la responsabilità di conseguire un rendimento e un livello di rischio adeguati alle aspettative e alle esigenze dei clienti, mentre nei prodotti a benchmark sostanzialmente è il risparmiatore che deve scegliere una asset allocation tra le tante proposte (dall’obbligazionario misto al bilanciato aggressivo), accettandone i risultati, positivi o negativi che siano. Non mancano, tuttavia, i detrattori di questo approccio e va detto che, se è relativamente facile misurare un gestore rispetto a un indice di mercato, capire quali siano le fonti di rischio e di rendimento delle diverse strategie di investimento adoperate da un gestore multi-asset può rivelarsi piuttosto complicato. È il gestore che si assume la responsabilità di conseguire un rendimento e un livello di rischio adeguati alle aspettative e alle esigenze dei clienti La percezione del rischio è come un pendolo: si oscilla tra l’investimento in attività a rischio e la fuga verso quello ritenuto sicuro di volta in volta