Sono 15.845 i mesoteliomi maligni – cioè i tumori dovuti all’esposizione all’amianto – rilevati in Italia tra il 1993 e il  2008. I dati del quarto rapporto del ReNaM (Registro nazionale dei mesoteliomi) sono stati presentati oggi a Venezia, nel corso della II Conferenza sull’amianto e le patologie correlate. Di questi casi – rilevati durante  l’intero periodo di attività del registro – circa 12mila sono stati analizzati in rapporto alle diverse modalità di ‘contatto’ con la fibra killer: il 69,3% è dovuto a cause professionali, il 4,4% ha un’origine familiare (per esempio, l’inalazione dell’asbesto durante il lavaggio di tute da lavoro impregnate della sostanza cancerogena), il 4,3% ambientale e l’1,6% per un’attività extralavorativa di svago o hobby. Nel 20,5% dei casi, infine, l’esposizione è improbabile o ignota.

Oltre 6mila casi in più rispetto ai dati del III rapporto. “Rispetto al dato aggiornato al 2004 cui si faceva riferimento nel precedente rapporto (9.200 casi), l’incremento è dovuto al verificarsi di circa mille e quattrocento nuovi casi l’anno – spiega Alessandro Marinaccio, ricercatore presso il Dipartimento di medicina del lavoro Inail Ricerca e responsabile del ReNaM – Ma i dati presentati nel nuovo rapporto confermano le previsioni di qualche anno fa: si intravede l’inizio di un’attenuazione del ritmo di crescita della malattia. La fase di crescita, secondo le nostre previsioni, si sta attenuando: si arriverà a una soglia, o picco, attorno al 2015, e per i prossimi anni prevediamo un assestamento delle patologie”.

Nel settore dell’edilizia il numero più alto di ammalati. Lo scenario delineato nel rapporto  individua un tasso di incidenza della malattia pari a 3,5 casi ogni 100mila uomini e a 1,4 casi ogni 100mila donne, con una ‘latenza’ – ovvero il periodo che intercorre tra l’esposizione e la manifestazione della patologia – di circa 40 anni. L’età media d’insorgenza dei mesoteliomi si attesta attorno ai 69 anni, salvo una percentuale ridotta (il 2,3% del totale dei casi) per cui il male si manifesta prima dei 45 anni. Un altro dato da valutare con attenzione è relativo all’insorgenza della malattia in rapporto al settore economico in cui operava il lavoratore. “Le ricerche hanno evidenziato – spiega Marinaccio – che, rispetto al totale dei casi di malattia da esposizione professionale, solo il 2% si riscontra nell’industria del cemento amianto, peraltro ormai inesistente in Italia dal momento che nel nostro paese l’amianto è stato messo al bando nel ’92. Vi sono altri settori, invece – come quello edilizio – a cui si deve il 15% circa dei casi e dove oggi si registra il più alto numero di ammalati. Pensiamo, per esempio, ai soggetti che potrebbero essere esposti all’amianto durante la demolizione di parti di un edificio o durante una ristrutturazione edilizia in cui si viene a contatto con l’agente  cancerogeno”.

Grazie al ReNaM possibile individuare i rischi emergenti. La sorveglianza epidemiologica dei casi di mesotelioma è affidata al Registro nazionale dei mesoteliomi (dpcm n.308/2002), istituito presso l’Inail, settore Ricerca/ Dipartimento medicina del Lavoro. Il ReNaM è strutturato come un network ad articolazione regionale: presso ogni Regione è istituito un Centro operativo (Cor) con compiti di identificazione di tutti i casi di mesotelioma incidenti nel proprio territorio e di analisi della storia professionale, residenziale e ambientale dei soggetti ammalati. “Il ReNaM rappresenta un prezioso ed efficace strumento di prevenzione primaria – continua Marinaccio – perché permette di individuare circostanze di esposizione ancora scarsamente documentate. Inoltre, l’attività del ReNaM consente di fornire elementi di conoscenza rispetto a questioni epidemiologiche rilevanti come l’esistenza di una “dose soglia”, cioè l’entità di esposizione che è possibile subire senza rischio di ammalarsi, la relazione tra dose e incremento del rischio di ammalarsi (dose/risposta) e la relazione tra intensità di esposizione e diminuzione del tempo di latenza”.

Il contributo della ricerca nella diagnosi precoce. Per quanto riguarda, invece, la diagnosi precoce del tumore del polmone nelle esposizioni professionali, risultati incoraggianti ottenuti da studiosi statunitensi hanno portato a valutare l’opportunità di un’attività di screening, anche in Italia, su alcuni gruppi selezionati di soggetti. “Mentre la diagnosi precoce in relazione al mesotelioma maligno dà scarsi risultati – conclude Marinaccio – per quanto riguarda la sua applicazione al tumore del polmone, si sta discutendo della necessità di sottoporre in Italia gruppi selezionati di soggetti ad alto rischio, come individui esposti ad amianto, o grandi fumatori, a un’attività mirata di screening. Una prospettiva di ricerca molto interessante, su cui attualmente c’è grande attenzione all’interno della comunità scientifica”.

L’Oms: “Nessuna prevenzione nei paesi dalle economie emergenti”. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sono circa 125 milioni le persone esposte all’amianto nei luoghi di lavoro e 90mila i decessi nel mondo dovuti ogni anno al mesotelioma. Una realtà che non lascia incertezze riguardo le strategie di cura e di prevenzione da attivare: “L’unico modo per eliminare le malattie asbesto-correlate è il bando internazionale di ogni utilizzo dell’amianto”, scrive l’Oms. Oggi la fibra killer è bandita solo in una minoranza di Paesi: in molti Paesi con tassi di crescita economica estremamente sostenuto (Cina, India, Brasile) non vi sono limitazioni reali all’utilizzo di questa sostanza e l’esposizione dei lavoratori e della popolazione generale a questo agente cancerogeno è poco controllata e prevenuta.

Fonte: INAIL