Sarà anche vero che gli stipendi dei banchieri italiani sono complessivamente diminuiti nell’ultimo anno, ma le buste paga restano ancora da capogiro. Soprattutto a fronte dei pessimi risultati di gestione che i manager nostrani hanno conseguito (a danno degli azionisti). Non importa quanto abbia inciso la crisi. I salari sono fermi, la «ricchezza» delle famiglie è arrivata all’osso. E mentre il Paese intona l’inno dell’austerity, i compensi di presidenti, amministratori delegati e direttori generali – per non parlare delle buonuscite – sembrano provenire da un altro pianeta. È di ieri l’ultimo aggiornamento della Banca d’Italia, che dopo l’ennesimo appello lanciato mercoledì dal governatore Ignazio Visco, ha fatto filtrare l’ultima relazione sulle remunerazioni. La cifra complessiva, relativa al 2011, ammonta a oltre 134 milioni di euro e riguarda i compensi erogati dalle principali otto banche italiane ai propri consiglieri, dirigenti e sindaci. Intesa Sanpaolo si conferma al primo posto, con circa 28,3 milioni (l’ad Enrico Tomaso Cucchiani si è addirittura alzato lo stipendio rispetto al suo predecessore, Corrado Passera). Poi c’è Mediobanca, 20,8 milioni, Unicredit 18,7 milioni, il Banco Popolare 18,2 milioni, Ubi Banca 13,4 milioni, Mps 13,2 milioni, la Bpm 11,1 e la Popolare dell’Emilia 10,7 milioni. I banchieri più pagati nel 2011 sono, come succede spesso, quelli in uscita, grazie ai trattamenti di fine rapporto e alle buonuscite d’oro che però, complice la crisi, non raggiungono più i livelli a cui ci avevano abituati Alessandro Profumo (40 milioni da Unicredit), Matteo Arpe (circa 31 milioni per l’addio da Capitalia) e Cesare Geronzi (20 da Capitalia, con un bis da 16 milioni alle Generali). In testa alla classifica dei banchieri del 2011 si colloca Antonio Vigni, ex direttore generale di Mps, che ha percepito 5,4 milioni (4 milioni a titolo di trattamento di fine rapporto), appaiati a 3,5 milioni ci sono l’attuale ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, (che ha rinunciato alla buonuscita di Intesa, incassando solo il Tfr) e l’ex dg della Bpm Fiorenzo Dalu. Appena dietro si colloca Mimmo Guidotti, ex direttore della Bper, con 3,3 milioni. Al netto 0delle buonuscite, il podio dei banchieri d’oro del 2011 vede Mediobanca realizzare una doppietta, con Renato Pagliaro (2,6 milioni) e Alberto Nagel (2,47 milioni). Oltre a Passera hanno ricevuto uno stipendio da consiglieri di banca altri tre ministri del governo Monti: si tratta di Elsa Fornero (332 mila euro da Intesa), Piero Giarda (101 mila euro dal Banco Popolare) e Piero Gnudi (117 mila euro da Unicredit). Se poi i dati della Banca d’Italia parlano comunque di una riduzione media intorno al 20%, c’è chi dimostra, invece, che variando i criteri di calcolo le remunerazioni risultano addirittura aumentate. Secondo uno studio della Uilca, infatti, il monte compensi degli 11 amministratori delegati arrivava l’anno scorso a ben 26 milioni di euro (questo vuol dire, in media, circa 2,4 milioni di euro ogni ad) con un aumento del 36% dal 2010. Per i presidenti degli 11 istituti, invece, il monte compensi arrivava «solo» a 9,6 milioni di euro (in media 870mila euro ognuno) con un aumento del 5,5% dal 2010. La disuguaglianza salariale, quindi, arriva a livelli stratosferici anche all’interno del sistema bancario, basti pensare che il salario di un bancario medio è 85 volte più basso. La disuguaglianza, inoltre, è peggiorata con la crisi dato che nel 2010 questo rapporto era «solo» a 62. I dati sono ancora più gravi se si pensa che nei cinque anni di crisi molte di queste banche hanno azzerato i propri profitti, con un redditività media che è scesa al 2-3 per cento.