di Luca Gualtieri

I vertici di Standard & Poor’s e Fitch avrebbero fornito informazioni distorte sul debito pubblico italiano e diffuso notizie riservate per destabilizzare l’immagine e il prestigio dell’Italia, far deprezzare i titoli di Stato italiani e indebolire l’euro. La procura di Trani ha lanciato accuse durissime contro cinque responsabili di S&P (l’ex presidente Deven Sharma, Yann Le Pallec, Eileen Zhang, Franklin Crawoford Gill e Moritz Kraemer) e altri due manager di Fitch (David Michael Willmoth Riley e Alessandro Settepani). Per tutti e sette ieri i magistrati hanno chiesto il rinvio a giudizio con l’accusa di manipolazione del mercato continuata e pluriaggravata e l’aggravante del presunto danno patrimoniale rilevante allo Stato. Le indagini della Guardia di Finanza, coordinate dal sostituto procuratore Michele Ruggiero, sono partite due anni fa, dopo gli esposti presentati da Adusbef e Federconsumatori e hanno portato anche alla richiesta di archiviazione per due manager di Moody’s. Come anticipato da MF-Milano Finanza (vedi strappo in pagina), tra gli episodi contestati a S&P c’è il report diffuso il 20 maggio 2011, che tagliava l’outlook del debito italiano da stabile a negativo. Le motivazioni del downgrade vennero infatti rese note solo tre giorni dopo, il 23 maggio, e la tempistica sfalsata avrebbe generato «sui mercati una volatilità e un’incertezza che (con)causava sensibili perdite su titoli azionari, obbligazionari e titoli di Stato». Peraltro questi giudizi negativi, secondo gli inquirenti, risultavano «infondati e tendenziosi, forieri dunque di informazioni false ai mercati, giacché in contrasto con i dati ufficiali menzionati dal ministero dell’Economia». Altro episodio contestato è una nota del primo luglio 2011 che, «con l’artificio di diffondere valutazioni negative sulla manovra finanziaria correttiva presentata dal ministro dell’Economia», sottolinea la Procura, «prima ancora che il testo della stessa fosse reso ufficiale e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, determinava ulteriori turbolenze sui titoli di Stato». La manipolazione del mercato sarebbe continuata anche sotto il governo Monti. Il 5 dicembre 2011, ad esempio, dopo la presentazione del programma di riforme strutturali, i manager della S&P «ponevano il credit watch negativo sull’Italia, così adottando un ulteriore artificio temporale-informativo, quello di preannunziare il declassamento, pur senza decretarlo ». In questo modo i mercati finanziari si sarebbero predisposti in maniera negativa verso l’Italia, «nonostante l’intervenuto cambio di leader alla guida del governo e le riforme strutturali preannunciate ». Il 13 gennaio, inoltre, i manager di S&P tagliarono il rating sull’Italia, confermando l’outlook negativo. Lo fecero, secondo la Procura, «nonostante il responsabile del bank team per l’Italia, Renato Panichi, avesse segnalato agli analisti Zhang e Kraemer che il giudizio dai medesimi espresso sul sistema bancario italiano fosse errato, addirittura «esattamente contrario» alla situazione reale, e li avesse per questo invitati perentoriamente a rimuovere tale informazione dal comunicato. Per quanto riguarda Fitch, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio in quanto «rilasciavano indebiti annunci preventivi di imminente downgrade, divulgando così a mercati aperti informazioni che dovevano restare riservate, concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari». Immediata la risposta di S&P, che ritiene le accuse «totalmente infondate, dal momento che il nostro ruolo è di fornire opinioni indipendenti sul merito di credito». (riproduzione riservata)