di Andrea Di Biase

La Corte di Cassazione ha confermato, rendendole definitive, le condanne a 2 anni e mezzo per l’ex governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio, a un anno e otto mesi per gli ex vertici di Unipol, Giovanni Consorte e Ivano Sacchetti, e a un anno per l’ex ad della Popolare di Lodi, Gianpiero Fiorani, imputati per la tentata scalata dell’istituto lodigiano a Banca Antonveneta. La Corte di Cassazione, che ha rigettato la richiesta del Procuratore generale, Oscar Cedrangolo, di annullare senza rinvio per incompetenza territoriale la sentenza di secondo grado, ha confermato anche le condanne a un anno e mezzo per l’immobiliarista Luigi Zunino e a 4 anni e 3 mesi per il fiduciario svizzero Francesco Ghioldi, accusato solo per riciclaggio a differenza degli altri imputati che rispondevano a vario titolo di aggiotaggio, ostacolo all’attività degli organi di vigilanza e appropriazione indebita. Se la Suprema Corte avesse accolto la richiesta del procuratore generale, che riteneva che la sede naturale del procedimento doveva essere il Tribunale di Lodi e non quello di Milano, l’intero processo sarebbe ripartito da zero, ma di fatto sarebbe finito nel nulla, considerato che il 12 dicembre prossimo sarebbe scattata la prescrizione. La sentenza di ieri ha una portata simbolica rilevantissima, non solo perché pone fine a una vicenda giudiziaria, iniziata nell’estate del 2005, che ha segnato il volto della finanza italiana, ma soprattutto perché per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana un governatore della Banca d’Italia è stato condannato per un reato commesso nell’esercizio delle sue funzioni. Nel corso del lungo iter giudiziario la difesa dell’ex governatore, rappresentata da Franco Coppi e da Roberto Borgogno, aveva cercato di dimostrare l’insussistenza delle accuse a suo carico, sottolineando l’inattendibilità delle accuse avanzate nei suoi confronti da Fiorani. Quest’ultimo, sostengono i difensori dell’ex governatore, oltre ad aver chiamato ingiustamente in causa l’ex numero uno di Palazzo Koch, lo avrebbe anche tratto in inganno, dopo averne conquistato la fiducia. «Eppure», ha sottolineato l’avvocato Coppi, «nonostante tutti gli sforzi difensivi, i giudici di primo e di secondo grado non hanno preso in considerazione gli elementi decisivi». Si tratta di particolari «di grande importanza », a detta della difesa, «che le sentenze precedenti non hanno mai considerato rifugiandosi su motivazioni contraddittorie e inconciliabili ». Secondo la difesa di Fazio, «la linea di condotta di Bankitalia è sempre stata quella di porre le due banche (quelle che si contendevano Antonveneta; la Popolare di Lodi e Abn Amro, ndr) in condizioni analoghe, operando con la massima trasparenza». Con la sentenza di ieri si chiude dunque una pagina importante della storia giudiziaria relativa alle scalate bancarie dell’estate del 2005. Rimane ancora aperta, almeno in parte, la vicenda Unipol-Bnl. Nell’ambito di questa inchiesta lo scorso maggio Fazio era stato assolto dalla Corte d’appello di Milano. Consorte era stato condannato a un anno e sette mesi per i reati di ostacolo agli organi di vigilanza e insider trading, mentre Sacchetti a un anno e sei mesi, ma solo per l’accusa di ostacolo all’autorità di vigilanza. (riproduzione riservata)