DI DUILIO LUI

Delimitare l’ambito di applicazione della responsabilità solo ad alcuni settori e sopra una certa cifra ed eliminare l’ambito Iva per l’impossibilità di effettuare controlli in tal senso. Sono le richieste di revisione della normativa sulla responsabilità solidale negli appalti avanzate da Rete imprese Italia al governo. Gli spazi per intervenire non mancano, complice la disponibilità al dialogo manifestata dall’esecutivo, ma l’ostacolo è il fattore tempo: una volta approvata la legge di stabilità, in parlamento scatterà il «rompete le righe» e si penserà alla campagna elettorale in vista delle politiche di primavera. Le norme sulla responsabilità solidale negli appalti e i subappalti, introdotte con il decreto crescita (dl 83/2012, convertito nella l. 12 agosto 2012, n. 134), agitano il mondo delle imprese, soprattutto quelle di piccole e medie dimensioni, perché introducono una serie di complicazioni che rischiano di aggravare ulteriormente il lavoro quotidiano, obbligando i soggetti appaltanti, per evitare la responsabilità solidale, ad accertare il corretto pagamento dei debiti erariali da parte dei loro fornitori (appaltatori). In caso contrario il committente potrà esimersi dal regolare fi nanziariamente le prestazioni ottenute anche in presenza di un contratto. «Se l’obiettivo del legislatore era portare trasparenza nel mercato, si è prodotto l’effetto opposto», commenta Andrea Trevisani, responsabile delle politiche fi scali di Confartigianato, associazione che assieme a Cna, Casartigiani, Confcommercio e Confesercenti costituisce Rete imprese Italia. «Un aspetto che dovrebbe far rifl ettere e portare a una rapida revisione delle norme, considerato che il tempo che resta prima che il parlamento smetta nei fatti di decidere, in vista delle prossime elezioni, è poco». I problemi introdotti dalle norme in questione stanno portando a una (quasi) paralisi nel mercato, con i tempi di pagamento tra le aziende, un problema cronico del nostro paese, che si stanno allungando ulteriormente. Se oggi occorre attendere 137 giorni per vedersi onorato il credito (+44 giorni solo nell’ultimo anno), verosimilmente il dato andrà ritoccato verso l’alto. «Se si interpreta la norma alla lettera», prosegue Trevisani, «si arriva all’assurdo per cui se l’azienda deve sostituire la serratura di un capannone è chiamata a verifi care che il fabbro convocato per l’operazione abbia versato regolarmente le ritenute ai propri dipendenti e sia a posto anche sul fronte Iva». Senza trascurare la tentazione di rinviare capziosamente i pagamenti proprio appellandosi alla lettera della legge. La richiesta delle aziende, espressa tramite Rete imprese Italia, si fonda essenzialmente su tre punti: delimitare il settore di applicazione della norma, «che è stata introdotta in un provvedimento legislativo riguardante l’edilizia, ma che di fatto oggi si estende anche ad altri ambiti», spiega Trevisani. In secondo luogo porre un limite minimo, al di sotto del quale le misure non si applicano (i piccoli lavori in sostanza). Infine, escludere l’ambito Iva, caratterizzato da tempistiche che spesso rendono impossibile i controlli. «Restiamo sul piano dei contenuti e del buon senso», conclude il responsabile fi scale. «Ci auguriamo che si tenga conto di questo». © Riproduzione riservata