Come spingere gli italiani a costruirsi una pensione di scorta per evitare di passare la vecchiaia in povertà? Immaginando, per esempio, piani d’investimento che prevedano un incremento dei versamenti ogni volta che si ottiene una promozione in ufficio o so verifica uno scatto d’anzianità che fa salire lo stipendio. Si tratta di strumenti che negli Usa hanno avuto ottimi risultati facendo crescere le adesioni. Ma anche semplificando molto l’offerta, riducendola addirittura a solo due-tre prodotti. Oppure prevedendo un’iscrizione automatica ai piani previdenziali, consentendo l’esclusione sono nel caso in cui il lavoratore rifiuti esplicitamente la scelta. I suggerimenti arrivano da Allianz Global Investors, che ha studiato come poter applicare la finanza compartimentale alla previdenza complementare, una combinazione tra finanza e scienza del comportamento. Così ha tirato fuori la ricetta per evitare che le persone commettano errori quando devono compiere scelte che riguardano la previdenza e i consigli potrebbero rivelarsi molto utili anche per i governi, chiamati a incentivare le adesioni. Lo sbaglio più comune è quello di sottovalutare il problema previdenza e la necessità di crearsi una pensione di scorta. «Una questione destinata però a esplodere nei prossimi anni per due ragioni», dice Hans-Jorg Naumer, che lavora a New Jork per Allianz GI come responsabile del team di finanza comportamentale e delle attività di ricerca che si occupa dell’identificazione dei trend di lungo periodo. «Da una parte gli anni futuri saranno caratterizzati da bassi tassi d’interesse, per cui i rendimenti previdenziali rischiano di essere piuttosto magri e servirà risparmiare di più. Dall’altra parte», aggiunge, «le pensioni pubbliche sono destinate a ridursi ulteriormente, perché i governi, considerando anche l’allungamento della vita media, dovranno tagliare ancora la spesa». Una questione, quella del taglio alle pensioni pubbliche, che gli italiani hanno già iniziato a toccare con mano. Nonostante ciò, non hanno ancora cominciato a costruirsi una pensione integrativa: dagli ultimi dati diffusi dalla Covip, l’autorità che vigila sulla previdenza complementare, risulta che meno di un lavoratore italiano su quattro è iscritto ai fondi pensione. E la crisi economica, invece che spingere a risparmiare di più per mettere fieno in cascina, ha provocato una frenata delle contribuzioni, aumentando così il rischio di povertà durante la vecchiaia. Che cosa fare per rimediare? «I governi e il settore finanziario non dovrebbero trascurare la finanza comportamentale quando cercano spiegazioni e soluzioni per questo problema», aggiunge Naumer. «Per aumentare il tasso di contribuzione potrebbe essere utile, per esempio, replicare i piani americani che prevedono un incremento dei versamenti quando lo stipendio sale». In Usa si chiamano Save More Tomorrow e da quando sono partiti, nel 1998, in cinque anni hanno registrato un incremento del tasso di risparmio degli aderenti dal 3,5 al 13,6%. «Nei piani tradizionali invece abbiamo osservato che il lavoratore inizialmente versa di più, ma poi i contributi rimangono stazionari e in alcuni casi, addirittura, diminuiscono». Per spingere i lavoratori a sottoscrivere un piano previdenziale c’è poi «bisogno di semplificare l’offerta perché abbiamo osservato, prendendo sempre come riferimento gli Usa, che il tasso di partecipazione quando sul mercato ci sono più di 50 prodotti supera di poco il 60%», aggiunge Naumer, «mentre quando i prodotti sono soltanto due si supera addirittura il 65%». Insomma, la confusione non aiuta. Non solo. Per spingere gli italiani a fare il grande passo converrebbe indirizzarsi verso il silenzio-assenso. «Con la donazione degli organi è stato un successo», conclude. «In Austria, dove per rinunciare alla donazione devi comunicarlo espressamente, il tasso di adesione ai programmi di donazione hanno raggiunto addirittura il 100%, mentre in Germania, dove c’è bisogno di un consenso preventivo, siamo appena al 12%». (riproduzione riservata) Anna Messia