Viva le compagnie tradizionali, abbasso quelle che invece hanno cominciato a inserire nel loro modello di business settori diversi. È la conclusione cui si arriva dando un’occhiata alla ricerca effettuata dalla Iais su “Assicurazioni e stabilità finanziaria” e resa nota la settimana scorsa (può essere scaricata dal sito http://www.iaisweb.org/Otherpapersandreposrts46).
La Iais è l’Associazione internazionale dei supervisori assicurativi e ha lo scopo di promuovere una regolamentazione globale ed efficace al fine di sviluppare e mantenere i mercati assicurativi stabili e sicuri. I suoi membri includono regolatori e supervisori del comparto assicurativo da 190 giurisdizioni in 140 paesi.
La conclusione cui arriva lo studio della Iais è abbastanza semplice. Nel corso della grande crisi finanziaria cominciata nel 2008, se la sono cavata molto meglio le compagnie con un profilo d’attività piuttosto tradizionale. Queste hanno mostrato che i loro rischi nella maggior parte dei casi sono decorrelati rispetto all’andamento del ciclo economico e ai mercati finanziari. Dal punto di vista dei rischi sistemici, queste compagnie non hanno svolto alcun ruolo.
Al contrario secondo la ricerca proprio la crisi ha dimostrato invece che i gruppi assicurativi e le conglomerate che operano nelle linee tradizionali “possono soffrire considerevoli difficoltà e avere un impatto importante dal punto di vista della stabilità del sistema quando essi si espandono significativamente in settori non tradizionali e in attività extraassicurative”.
La ricerca non fa nomi, ma sulla base di queste conclusioni è facile ripensare al caso dell’americana Aig, salvata poi dallo Stato, la quale si era avventurata in territori che avevano più a che fare con l’attività di un hedge fund che con quella di un assicuratore. Mentre, dall’altra parte, la mente va all’olandese Ing, anch’essa salvata da un intervento dello Stato, che aveva mixato attività assicurative e bancarie. (a.bon.)