Di Gaia Giorgio Fedi

La crisi del debito non pregiudica soltanto la salute delle banche, da mesi vere osservate speciali del mercato, ma anche delle assicurazioni europee, che possiedono circa l’8% del debito sovrano dei Paesi periferici dell’Eurozona. «Gli assicuratori sono scesi in Borsa quanto le banche durante la crisi», afferma David Moss, gestore azionario di F&C Asset Management a Londra, osservando che si tratta di una reazione esagerata perché i gruppi del settore «possono spartirsi le perdite con i sottoscrittori delle polizze». Da settembre le quotazioni si sono in parte riprese, ma secondo gli analisti le condizioni di mercato restano difficili per i gruppi del settore, la cui redditività sarà colpita in futuro da redditi d’investimento più bassi, minori commissioni e operazioni di hedging più costose. «I gruppi assicurativi europei rischiano un significativo deterioramento dell’utile netto dovuto agli oneri di impairment, sia sui titoli bancari sia sui bond governativi greci», spiega Credit Suisse in un report a firma Richard Burden, che giudica Allianz il titolo più difensivo, mentre Ing, Axa e Prudential sono descritti come i gruppi più sensibili agli umori del mercato. Secondo calcoli Bloomberg effettuati su dati di JpMorgan, i player attivi nel ramo vita dovrebbero accollarsi circa i due terzi delle perdite potenziali sui titoli di Stato greci, italiani, irlandesi, portoghesi e spagnoli. E nella classifica dell’esposizione ai periferici, Generali e Cnp sono i gruppi con la maggiore fetta di titoli di Stato dei Paesi Piigs in rapporto al circolante (si veda tabella). Le svalutazioni, insomma, restano lo spettro peggiore per il conto economico.

IL TRIMESTRE. Nel round di risultati riportati dai gruppi assicurativi negli ultimi giorni il fenomeno è emerso in maniera chiara. Nel terzo trimestre, annunciato venerdì 11, Allianz ha riportato svalutazioni per circa un miliardo di euro, legate essenzialmente alle partecipazioni in azioni detenute in Germania, Francia e Italia, così come sulle obbligazioni greche. Queste ultime, in particolare, hanno provocato un saldo negativo di 122 milioni di euro sul risultato netto. Anche Generali ha annunciato un utile in calo del 36,5% nei primi nove mesi dell’anno, dopo svalutazioni complessive nette per 824 milioni di cui 329 milioni da obbligazioni della Grecia (si legga altro articolo in pagina). «Riteniamo che il peggioramento delle condizioni di mercato dalla scorsa estate abbia ridotto la valorizzazione del settore in media del 12%», spiega a B&F François Boissin di Exane Bnp Paribas, che pronostica per il 2012 e il 2013 utili inferiori del 14% al consensus. Il problema, come per le banche, è l’esposizione al debito (il settore ha in media un leverage ratio del 30%), ragione per cui allo stato attuale i player meno rischiosi appaiono quelli attivi nella riassicurazione, perché hanno asset meno a leva. Per Deutsche Bank, un haircut del 50% sui titoli greci non dovrebbe sortire effetti troppo negativi, visto che l’esposizione del settore è diminuita e gran parte dei titoli sono già stati valutati al mark-to-market.

ESPOSIZIONE AI PIIGS. Ma non c’è soltanto la Grecia, come ha dolorosamente dimostrato il rally dei rendimenti sui Btp italiani registrati nei giorni scorsi sulla scia delle incertezze politiche. Cosa accade allora se si sommano i rischi legati all’esposizione su tutti i Paesi periferici dell’Eurozona, i cui titoli di Stato sono ormai stabilmente sotto pressione? «Dopo tre anni di crisi, abbiamo ormai numerosi dettagli sull’esposizione al debito sovrano dei grandi player assicurativi europei – spiega Thomas Jacquet di Exane – Tali bond sono valorizzati mark-to-market in bilancio con l’uso di una riserva di rivalutazione. Quando la probabilità di default diventa particolarmente elevata la riserva di rivalutazione si trasforma in una riserva di deprezzamento», che pesa sul P&L (profit & loss, cioè sul conto economico) con effetti sulla solvibilità. Le società assicurative hanno fornito una dettagliata disclosure sulle posizioni sul debito sovrano, al lordo di tasse, partecipazioni politiche ed hedging, da cui risulta che l’esposizione ai Paesi periferici europei è bassa. Ma «l’esposizione all’Italia è l’unica che non appare gestibile dato che rappresenta il 5% degli investimenti di portafoglio, cioè il 44% delle partecipazioni degli azionisti», aggiunge Jacquet.

… E AGLI STRUTTURATI. C’è poi l’esposizione a strumenti strutturati e al debito bancario, che «riteniamo rappresenti circa il 2-3% del portafoglio e approssimativamente il 25% delle partecipazioni degli azionisti», prosegue l’esperto, spiegando che «per replicare il pay-off di un’obbligazione corporate, le società assicurative possono comprare obbligazioni sovrane e vendere Cds», sebbene non esista una disclosure specifica su questi strumenti da parte delle società assicurative. Secondo l’analista, l’effetto potenziale del fallimento di Mf Global, grande broker americano che forniva soluzioni di hedging a clienti istituzionali, non dovrebbe essere sottovalutato. «Tale evento potrebbe far riemergere il rischio di controparte, specialmente per quei player coinvolti in grandi operazioni in Usa attraverso prodotti «variable annuities». La fine di Mf Global potrebbe aprire un vaso di Pandora, dato che i player assicurativi usano i derivati per operazioni di hedge di portafoglio».

INCOGNITA TASSI. A livello di singoli gruppi, secondo Exane l’italiana Generali – che in base ai dati del primo semestre ha la maggiore esposizione ai Piigs – «ha resistito bene ai flussi di vendita di agosto, e nell’ultimo trimestre ha performato meglio del settore», osserva Niccolò Dalla Palma. Il giudizio (underperform) resta tuttavia cauto, perché «il titolo è scambiato a un premio troppo elevato rispetto ai peers; il trend di riduzione delle garanzie del ramo vita potrebbe registrare un rallentamento. Inoltre qualora le condizioni economiche dovessero peggiorare, la solvibilità e l’indebitamento potrebbero ritornare sotto scrutinio. Mentre se dovessimo assistere a un innalzamento dei tassi e a un contestuale rimbalzo del mercato azionario, riteniamo che altri titoli, come Allianz e Axa, offrano maggiore appeal». Allianz ha un portafoglio azionario «molto sbilanciato sui titoli finanziari, che costituiscono il 25% del portafoglio, tra cui partecipazioni in Commerzbank, Icbc, The Hartford, Unicredit e Banco Popular. Data la sua composizione, Allianz ha sofferto più della maggioranza dei benchmark durante il sell-off estivo», dice Jacquet, che ha sul titolo giudizio outperform. E le leggi sull’impairment (attuato se il corso dell’azione è inferiore al prezzo d’acquisto per un periodo di nove mesi o se inferiore al book value di almeno il 20%) «dovrebbero determinare un’accelerazione delle perdite in conto economico», con effetti sul risultato operativo del business vita.