A giugno, quando i Btp italiani avevano raggiunto un rendimento del 4,26%, il danno potenziale per il settore assicurativo era solo, si fa per dire, di 730 milioni. Ad agosto i 484 punti base raggiunti dai Btp implicavano una minusvalenza potenziale per le compagnie italiane di 1,37 miliardi. Una bella batosta, ma briciole a confronto con il maxi minus da 36 miliardi che si ottiene considerando la crescita registrata dai rendimenti dei Btp dal 4,19% di maggio al 7,45% toccato a novembre. Cifre calcolate da PricewaterhouseCoopers che ha voluto misurare gli effetti sulle compagnie (e anche sui clienti) della burrasca. Si tratta, è bene sottolinearlo, di una perdita potenziale, perché la minusvalenza (almeno in parte) è solo contabile. Perdite che non diventeranno effettive (almeno sul fronte clienti), a meno che le compagnie non siano costrette a liquidare quei vecchi titoli prima della scadenza naturale. Ma i numeri sono comunque impressionanti. «Le compagnie detengono, sia direttamente sia mediante 385 gestioni separate, il 10% dei titoli del debito pubblico», afferma Emanuele Grasso, partner di PwC, «Si tratta di 150 miliardi: 138,2 in gestioni separate e il resto come patrimonio libero delle compagnie». Sul fronte clienti, guardando cioè a quei 138,2 miliardi investiti in gestioni separate che sono il sottostante delle polizze Vita, la situazione appare sotto controllo e anche l’Isvap in più occasioni ha evitato allarmismi. Perché di tutto c’è bisogno tranne che di una crisi di fiducia. «Se i risparmiatori si facessero prendere dal panico e liquidassero le polizze Vita, le compagnie sarebbero costrette a vendere i titoli, monetizzando quelle minusvalenze che oggi sono solo contabili», dice Grasso. Un problema che, almeno per ora, non sussiste. Perché nonostante la raccolta di nuove polizze stia rallentando (da inizio anno a settembre la flessione, rispetto al 2010, è stata del 28% a 41,7 miliardi), non c’è la pioggia di riscatti che potrebbero portare in rosso la raccolta netta e costringere le compagnie a liquidare le posizioni per far fronte ai rimborsi. E anzi i Btp ad alto rendimento potrebbero rappresentare un’occasione di guadagno per gli assicurati che investono in gestioni separate. «Con i flussi provenienti dalle nuove sottoscrizioni le assicurazioni investirebbero nei nuovi Btp a più alto rendimento», spiega Grasso. «Questo farebbe migliorare i risultati delle gestioni separate e per il principio della mutualità che caratterizza questi prodotti il vantaggio si estenderebbe anche ai vecchi clienti». Diverso è invece il discorso per l’esposizione in Btp che le compagnie hanno in conto proprio: sui bilanci di settembre si sono già registrati i primi effetti negativi. Tanto che qualche compagnia sta pensando di aumentare il capitale o di chiedere finanziamenti ai soci per incrementare la patrimonializzazione. Da settembre la situazione è peggiorata: ora le minusvalenze latenti che pesano direttamente sulle imprese sono circa 3,6 miliardi, considerando che circa il 10% dei 150 miliardi investiti in Btp è patrimonio delle assicurazioni. Se gli spread non si sgonfieranno, riavvicinandosi ai valori di maggio, parte di queste perdite dovrà passare a conto economico. Con un effetto dirompente. (riproduzione riservata)

Anna Messia