Dopo gli eccessi nei mercati finanziari degli anni scorsi, il modo di lavorare dei promotori sta mutando. Ecco il modello verso cui bisognerebbe puntare 

di Paolo Martini*

Come evolverà il rapporto tra cliente e consulente tra 10 o 15 anni? Quale sarà lo spazio delle reti di promotori finanziari e di private banker sul mercato rispetto alle grandi banche? Queste sono solo alcune domande che ogni bravo consulente dovrebbe porsi. Naturalmente le risposte non ci sono ancora, ma alcuni indizi devono far riflettere. Se potessimo immaginare il futuro ideale della nostra professione ci sono alcuni aspetti che molti riterrebbero fondamentali e che potrebbero aiutare a far crescere la nostra industria. Nel mondo del futuro, tutti i consulenti sono professionisti a tutto tondo con fortissime competenze tecniche e relazionali. I più bravi sono ricercatissimi sul mercato e per prendere un appuntamento servono anche tre mesi se non si è già clienti. Attraverso videoconferenze e newsletter flash i clienti sono aggiornati con la frequenza che preferiscono e un paio di volte l’anno sanno che c’è un tagliando completo sugli investimenti (esattamente come per l’auto o il controllo ricorrente dal dentista). I consulenti finanziari hanno superato di importanza notai, avvocati e commercialisti perché tutti hanno capito che è fondamentale trovare il giusto compagno di viaggio negli investimenti. Nel futuro ideale, i clienti hanno deciso di dedicare un po’ più di tempo alla gestione dei propri risparmi anche perché, a partire dalla scuola media, sono stati introdotti corsi di educazione finanziaria. Inoltre le società hanno iniziato a comunicare in modo più chiaro e semplice, perché sono arrivate forti professionalità dal marketing dei settori più evoluti. La patina di sospetto e sfiducia che ha trovato il suo apice nella crisi post 2008 inizia finalmente ad essere un lontano ricordo perché la gente ha capito che ci sono società e persone che operano in modo diverso e fare di tutta l’erba un fascio non è corretto.

La suddivisione dei prodotti tra soluzioni speculative di breve, investimenti di medio e previdenza di lungo periodo è finalmente chiara a tutti e non si fa più confusione. La fiscalità è stata adeguata e quindi oltre i 15 anni non si pagano tasse. Si è favorita la diffusione di investimenti che hanno reso felici i clienti e le aziende che hanno ridotto la frenesia dell’emotività di breve termine. Adesso si parla di economia e finanza in modo semplice e non solo nei momenti di crisi. Sono nati videogiochi sul tema e la democratizzazione degli investimenti è un dato di fatto. I derivati e la speculazione hanno lasciato il posto a pianificazione e corretta gestione del risparmio e sono scomparsi gli stipendi immorali e non corretti degli anni Duemila. Il mondo è più equilibrato e meno avido.Il credito al consumo, dopo aver raggiunto l’apice nel 2016 quando erano arrivate campagna pubblicitarie per pagare la colazione a rate, è stato ridimensionato e limitato per legge. Non è possibile essere indebitati per più del 30% delle entrate ricorrenti (mutuo compreso). Ma soprattutto le banche saranno tornate a fare le banche e quindi a prestare soldi alle imprese e ai privati per sostenere la crescita dell’economia lasciando la gestione degli investimenti a bravi e riconosciuti consulenti.

*responsabile marketing e wealth management di Azimut